Antonio Pappano e Luigi Piovano in concerto

Anche al pianoforte, Sir Antonio Pappano tende a "dirigere" ma Piovano risponde alla pari con dolcezza
Brahms
Sonate per violoncello e pianoforte
Panfili
L’ospite insonne
Dall’Ongaro
Due canzoni siciliane
pianoforte Antonio Pappano
violoncello Luigi Piovano
associazione Serate musicali
sala Verdi del Conservatorio

 

Roma, Auditorium Parco della Musica 16 03 2011 Stagione di Musica da Camera Antonio Pappano pianoforte Luigi Piovano violoncello ©Musacchio & Ianniello

MILANO – Esecuzione a trazione anteriore ma senza scompensi musicali. Anzi. Il sodalizio oramai ultradecennale tra Pappano e il violoncellista Luigi Piovano funziona proprio perché lo scambio di ruoli avviene senza frizioni. In piena e reciproca fiducia. Anche al pianoforte, Sir Antonio Pappano tende a “dirigere” ma Piovano risponde alla pari con dolcezza, ammorbidisce i contorni, si prende ampi spazi dove canta o medita in scioltezza perché sa che la tastiera non gli ruberà mai la scena a sproposito. Nonostante sui leggii ci siano le due Sonate di Brahms, cioè pagine in cui la personalità del compositore-pianista affiora a ogni battuta per consegnarla alla cura dell’interprete-pianista che in quel momento se ne occupa. Altra caratteristica seduttiva di questo duo è la complicità musicale immediatamente riconoscibile in esecuzione. Che non è semplice rispetto reciproco o professionismo cameristico, è qualcosa di più intimo ma il pubblico lo avverte subito come suo. C’è il modo di scambiarsi non solo le occhiate – meno di altri, peraltro: si trovano a occhi chiusi – ch’è la prima spia del piacere connesso alla condivisione cameristica ma le “scoperte” musicali. In tempo reale. Il gioco di specchiamenti ininterrotti non si limita alla funzionalità pratica – evitare asimmetrie esecutive – ma rende facile la sensazione d’una musica che “nasce” in quell’attimo. E quindi che la discorsività così specifica di Brahms suoni carezzevole e penetrante allo stesso tempo. La cantabilità acquista così un sapore spontaneo, gli echi popolareschi una tinta nostalgica, i non scontati percorsi armonici la freschezza dei pensieri segreti.
Il bel programma brahmsiano era incorniciato all’italiana. Sia per la prima Romanza di Martucci regalata fuori programma, sia per le due prime esecuzioni messe in intestazione delle due parti firmata da autori di oggi. Suggestivo e inquietante l’avvio affidato a L’ospite insonne di Riccardo Panfili, un brano in due sezioni giocato sul contrasto tra lunari sospensioni, quasi oranti, e irrequiete ombreggiature strumentali affidate a un linguaggio costruttivo e strumentale vivace, privo di sudditanze di genere. Funzionava bene il confronto a distanza con le Due canzoni siciliane di Michele Dall’Ongaro che schiudeva la seconda parte. Titolo inequivoco per una sorta di viaggio di andata-e-ritorno tra i segni forti del tratto popolare originale e la rievocazione-trasformazione in chiave moderna; non semplice strumentazione ma ricreazione affettuosa, con i congegni compositivi affilati di oggi.

Angelo Foletto


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