CLASSIC
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IL DIRETTORE
RISPONDE
e per l’Italia. Mi piacerebbe sapere,
oltre a lei che ne pensano autorevoli
penne (che stimo parecchio), come
Elvio Giudici e/o Quirino Principe
(che fra l’altro, nel numero di feb-
braio, ha scritto parole simili alle
mie).
Alessandro Marchesi
CaroAlessandro,
due misere righe? Io per la verità ho
visto un profluvio di articoli, ricor-
di, testimonianze, riconoscimenti,
pentimenti, reportage, perfino dalla
camera mortuaria. Tutto, comun-
que, segno del grande affetto degli
italiani. Quello che è mancato, nei
“tabloid”, è stato forse la riflessione
critica, il bilancio artistico. Segno
dei tempi, ma anche un plausibile
“gioco della parti” tra web, giornali,
tv e stampa periodica. Ciascuno col
suo compito. Infatti come mensile
specializzato abbiamo realizzato
quello che i quotidiani di oggi non
possono o vogliono fare, dedicando
25 pagine al lascito artistico, pro-
gettuale e musicale di Abbado, e
tralasciando gli aspetti contingenti
e umani, già esplorati in lungo e in
largo. D’altra parte non è detto che
debba sempre riferire tutto la tele-
visione (la quale Rai, peraltro, sta
mandando in onda in questi giorni
inediti abbadiani davvero succu-
lenti...).
La mia sulla regia
Ricordate la riflessione di Sandro
Cappelletto su opera e regia, pub-
blicata sul numero scorso? Tra i
tanti commenti giunti in redazione
abbiamo scelto questo:
Se Verdi si definiva uomo di teatro,
il discorso è presto chiuso: nell’alle-
stire i suoi lavori bisogna avere una
regia che non lasci alla sola musi-
ca il compito di rendere il dramma,
anche e proprio perché si tratta di
musica piena di teatralità. Il discor-
so vale anche per altri autori e al-
tre opere, anche per il barocco, ad
esempio, che avendo soggetti e un
trattamento di essi meno vincolanti,
consentono maggiore libertà; ricor-
do l’ottimo articolo di Dino Villatico
su “Classic Opera” n. 64 a proposi-
to del fatto che nel XVIII secolo un
qualsiasi Idomeneo o Tito poteva
indossare abiti contemporanei.
Accantonata dunque la regia solo
visiva, che regia non è (ma devo
ammettere che rivedrei con entu-
siasmo l’Armide di Pizzi alla Sca-
la), il discorso diventa quello di una
vera interpretazione del testo, cioè
di un’idea forte. A differenza di al-
cuni amici, fatico a vedere spetta-
coli come Norma, cui ho assistito al
Regio di Torino, coi soldati di carto-
ne che fanno le marcette. Però l’idea
alternativa dev’essere convincente:
mi arrischio anche a vedere stra-
volto il testo se l’interpretazione mi
coinvolge e se avvalora quel che
la musica esprime. Questo non mi
sembra possa emergere dalle paro-
le di Berio riportate nell’articolo di
Cappelletto, che mi pare tendano
all’intellettualismo; e talemi sembra
pure l’idea di democrazia in scena
di cui parla Sellars: se anzi così de-
vono essere le cose, può pure venir
meno la figura stessa del regista!
Che dire dunque di uno spettacolo
come quello inaugurale della Sca-
la? C’era, come dice Cappelletto,
lo scarto tra regia e direzione, cosa
che si vede spesso e che appunto
non apprezzo. Si è detto che la tan-
to attesa regia di Cherniakov è stata
piuttosto misurata perché il regista,
sapendo di dover incontrare il pub-
blico arrogante e provinciale del
teatro milanese, ha preferito volare
basso: ma un’idea del personaggio
di Violetta c’era! Povera cosa, inve-
ce, mi è sembrata quella del mine-
strone: non dico che sia stata una
trovata per richiamare attenzione,
ma mi è sembrato un povero espe-
diente per far agire i cantanti, per
non lasciarli fermi: della tensione
emotiva di Alfredo mentre ignora-
va la predica paterna non ha detto
proprio nulla. Come ultimo appun-
to, una domanda a Cappelletto:
il genere opera è concluso o no?
L’articolo invoca la commissione di
opere nuove, ma conclude citando
la celebre sentenza di Ronconi, che
è volta al vaglio del passato e non
lascia prospettive per il futuro.
Maurizio Pinciroli
Sorry
Non è intitolato a Santa Caterina
della Fondazza il convento bologne-
se su cui si è indagato a proposito
della condizione femminile nella
storia della musica (si veda“Diavolo
d’una putta” di Carlo Vitali, Classic
Voice, febbraio 2014), ma a Santa
Cristina della Fondazza; e non era
Friedrich August II ma I l’amante
del contralto Vittoria Tesi Tramon-
tini, detta “la Moretta” perché figlia
di uno schiavo africano. Ce ne scu-
siamo coi lettori e con l’autore.
Clicca su Abbado
Gentile Direttore.
lunedì 20 gennaio è scomparso, a 80
anni, ClaudioAbbado, musicista, di-
rettore e uomo di cultura immensa.
Da lombardo, e perciò da corregio-
nale di Abbado (che a Milano operò
a lungo) sono rammaricato; come
amante della musica colta sono ad-
dirittura rattristato. Tanto più che
- per l’ennesima volta - si è dovuto
assistere al classico scempio italio-
ta (da molti chiamato “mancanza di
memoria storica”), ma che io, perdo-
ni la cruenza, tendo a definire come
“mancanza di materia grigia”, la
quale - ormai - sta evaporando sem-
pre più, e in un sempre maggior nu-
mero di persone. Ora: i funerali, pri-
vatissimi, hanno sicuramente creato
un’aura di ineludibile discrezione,
sta bene, nonché evitato il pompie-
rismo di certe esequie famose (con
Frecce Tricolori in cielo al ritmo di
“Vincerò”). Ma è stato comunque
deprimente vedere molte testate
italiane - chi più, chi meno - scrivere
due misere righe di commiato, get-
tando quasi nell’ombra la morte di
tal professionista. Fin quì, volendo,
potrei comunque sorvolare, giacchè
non sarebbe la prima volta che un
uomo di cultura muore senza i rice-
vere i giusti onori (c’è stata, è vero,
la folla silente di Milano, durante la
Marcia Funebre di Beethoven, ma
è stato un caso isolato). Devo però
rimarcare che mi riesce assai diffici-
le accettare certi striminziti articoli
sulla morte di Abbado (e mi riferisco
a parecchi “tabloid”), contornati, vi-
ceversa, dai maxi titoli (con annessi
video) relativi all’ennesima rissa in
Parlamento, all’ennesima foto della
showgirl Belen (stavolta in slip rosso
anzichè blu), all’ennesimo pestaggio
tra bulli, etc.
Il tutto (ovviamente) condito da una
buona dose di incitazione al voyeri-
smo più ignorante e sottoculturale
(“clicca e guarda” ti dicono i siti del-
le maggiori testate, per farti vedere
certi video iper vacui; poi, però, se
cerchi video musicali fai una fatica
boia). Ecco, tutto ciò l’ho trovato in-
sultante per Abbado, per chi lo sti-
mava, per la musica, per la cultura