Donizetti Lucie De Lammermoor

INTERPRETI C. Sala, P. Kabongo, V. Priante, R. Lorenzi, D. Astorga
DIRETTORE Pierre Dumoussaud
ORCHESTRA Gli Originali
REGIA Jacopo Spirei
DVD Dynamic 38030

Rispetto all’italiana Lucia, la posteriore Lucie tanto perde sul fronte drammatico quanto guadagna su quello della logica narrativa. Priva, tra le altre cose, di quel “Regnava nel silenzio” (sostituita dal linfatico autoimprestito da Rosmonda “Que n’avons-nous des ailes”) che sull’intera vicenda getta una decisiva luce spettrale, Lucie riceve però chiarezza molto maggiore dalla definizione del quadro politico, descrittoci da Arthur al termine dell’aria di Henri il quale, nel loro conversare, chiarisce l’appartenenza di Edgard allo stesso clan di Arthur: sicché è adesso lui, molto più di Henri, a cavalcare l’onda della fortuna politica guidata dallo zio – comune sia a lui che ad Arthur – il quale ha deciso d’inviarlo in Francia in missione diplomatica. Ma soprattutto, ascoltando Lucie non ci si trova costretti a chiedersi perché mai Edgardo, ricevuta “da secura mano” la missiva di Raimondo, non affidi alla stessa mano secura una sua risposta rassicurante che eviti il precipitare delle cose: qui niente missive e invece il perfido sodale di Henri, Gilbert, che ruba a Edgard l’anello con cui aveva stretto il patto d’amore con Lucie, rendendo in tal modo logico il suo non saper nulla e piombare quindi del tutto ignaro nel bel mezzo dei tristi sponsali.
Lo spettacolo di Spirei è ambientato in uno spazio scarno in cui motivo conduttore è un albero al centro, con dietro tele dipinte di foreste e con via via un solo oggetto (panchina per l’incontro segreto, lungo tavolo per il matrimonio, carrozza sfasciata all’epilogo): e si principia con una pantomima in cui una coppia viene sorpresa da un gruppo di uomini che li separano e danno il via ad una vera e propria caccia alle donne, catturandone quattro e legandole, sotto lo sguardo di Henri vestito come un boss mafioso e che conversa con un Arthur già arrivato; e nella scena finale, si rivedono quelle donne che giacciono uccise su un cumulo di fango. Lucie, insomma, sola in un mondo di malviventi dominato dal fratello, nel quale Edgard (jeans e chiodo di pelle nera) è un emarginato, sorta di clandestino cui il colore della pelle di Patrick Kabongo dona ulteriore rilievo.
Potentissimo il finale, quando il coro di scagnozzi di Henri prendono il sopravvento su tutto, cercano di incendiare la carcassa dell’auto con Edgard dentro e alla fine se ne vanno sghignazzando, facendoci intuire che stiano preparando altre e maggiori violenze non più governate in qualche modo da un capo. Spettacolo molto bello, teso e cupissimo: che necessitava di direttore su identica linea anziché preoccupato solo del bel suono, che senz’altro è bello ma delicato fino all’evanescenza, cosa accentuata dall’orchestra di strumenti antichi, in cui legni e fiati stonicchiano più del tollerabile. Purtroppo, Caterina Sala non si trovava al meglio della salute, e la sua linea – pur sostanzialmente solida e robusta – è spesso frammentata, faticosa, con un registro superiore all’insegna della “toccata-e-fuga”. Kabongo ha bella voce ma esile, canta bene però anche lui preoccupato più del nitore e della bellezza del suono che del suo contenuto espressivo. Vito Priante è un ottimo Henri, e la sua anima dannata Gilbert è resa con autorità da David Astorga.
ELVIO GIUDICI


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312 Maggio 2025
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