Aa. Vv. Exile

violino e direzione Patricia Kopatchinskaja
violoncello Thomas Kaufmann
orchestra Camerata Bern
cd Alpha Classics

L’esilio del titolo è il destino che i compositori del programma hanno in comune. Anche con chi l’ha pensato: Patricia Kopatchinskaja è nata nel 1977 nella Moldavia d’oltrecortina. “Sono cresciuta veloce sulle mie radici”, scrive. “Ma ora il mio albero non è più sulla mia terra nativa”. Il tema dello sradicamento è parte di lei e ne riversa lo spirito in esecuzioni da brivido.
Il primo pezzo, Kugikly, nome russo di un flauto migrato dall’Africa all’Ucraina (sic), è una scatenata danza su cui Patricia scarica quasi con rabbia il suo violino di fuoco, vocalizzandoci, anzi gridandoci sopra. Il secondo pezzo, forse la perla dell’album, è di Alfred Schnittke (1934-1998), genio che in Russia assaggiò le umiliazioni patite da Sostakovic, emigrato per disperazione nove anni prima di morire. La sua Sonata per violoncello e pianoforte, qui in una eccitante versione con archi e cembalo, è di scrittura sorprendente: due Largo enigmatici che stringono in mezzo un Presto da togliere il respiro. Allenta il pugno un altro “tradizionale” moldavo che canta di un “Cuculo con piume grigie”, un’elegia, una preghiera. Andrzej Panufnik (1914-1991) è un altro esule che nella sua Polonia, abbandonata per meriti anti-staliniani, non tornò mai. Accolto in Gran Bretagna dalla City of Birmingham Orchestra, compose per Yehudi Menuhin un Concerto per violino e archi intriso di inquietudini e impennate ritmiche.
Ad allentare il clima pensa Schubert con il terzo dei Minuetti e Trii per quartetto op. 89, arrangiato da Patricia per gli archi della Camerata di Berna, rifinito senza manierismi. Schubert non fu esule, ma chi mai ha raccontato come lui le migrazioni del cuore? Ivan Wyschnegradsky (1893-1979) non lasciò la Russia comunista perché non ci credeva, al contrario, ma perché la sua musica, con i suoi quarti di tono, non poteva avere patria dove l’Unione dei Compositori dettava le regole del bello. Le microtonalità del suo Quartetto per archi n. 2 op. 18 oggi non suonano più scandalose, ma nei suoi semi-glissando ricchi di tagliente fisicità la scrittura è tutt’altro che ossequiosa delle regole, e siamo nel 1931. Il titolo diventa esplicito con Exil! di Ysaÿe (1858-1931) poema sinfonico per archi acuti che nella sua espressività così stressata sconfina in un parossismo quasi sperimentale. Infine, qualunque cosa con Patricia Kopatchinskaja prende vita.

Carlo Maria Cella


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316 Settembre 2025
Classic Voice