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non abbiamo voluto farne la clas-
sifica. Come paragonare il Maggio
fiorentino ad altri appuntamenti dal
profilo e dalle risorse così differenti?
No, l’assunto del pezzo era un altro:
verificare quali festival italiani rispet-
tano i criteri originali, lo spirito, con
cui nacquero e si svilupparono tra
Otto e Novecento queste manifesta-
zioni. È una programmazione “fuori
dalla norma” quella del Maggio, con
titoli, repertori e interpreti che non
vedremmo mai nelle fredde serate
invernali; o è “a tema”, come avve-
niva nei festival di una volta? Oppu-
re: le date consentono, con un unico
viaggio a Firenze, di vedere i tre ti-
toli d’opera insieme, come avviene a
Salisburgo o aAix-en-Provence? Sui
luoghi la sovrintendente ha ragione:
quest’anno, rispetto ai precedenti,
l’offerta si è distribuita per la cit-
tà: infatti il nostro giudizio non era
del tutto negativo. Le riserve - pur
essendo espresse in una frase sbri-
gativa, “da tabella” - erano relative
a un coinvolgimento della città (si
legga: pubblico in sala) inferiore alle
aspettative, come hanno registrato
le cronache, anche le nostre. Ben ve-
gano comunque le precisazioni e gli
approfondimenti: magari si scoprirà
che il modello di festival, così come
lo abbiamo conosciuto e pensato, si
sta trasformando in qualcosa di di-
verso.
Per la prima inchiesta, quella che
coinvolge il Maggio musicale
come Fondazione lirica, mi sembra
invece doveroso lasciare la parola
a chi l’ha condotta:
“Fa piacere che al Maggio Musicale
Fiorentino abbiano trovato il tem-
po per verificare i dati della nostra
inchiesta. L’avessero fatto qualche
mese fa (come tutti gli altri teatri
interpellati, che incidentalmente
ringraziamo per la collaborazione) ci
avrebbero evitato qualche errore e
si sarebbero risparmiati la seccatu-
ra di questa lettera. Prendiamo atto
volentieri che le alzate di sipario pre-
viste nel 2012
sono 211: il dato
da noi riportato,
in mancanza
di una risposta
dal teatro, era
stato
attinto
dall’unica fon-
te ufficiale, il
sito web della
Fo n d a z i o n e,
evidentemen-
te allora non
aggiornato con gli appuntamenti
collaterali del Maggio. Un errore
tutto nostro, di cui ovviamente ci
scusiamo, è invece quello relativo
alla media di spettatori nel 2010-11
e alla percentuale di riempimento
del Comunale: non abbiamo tenuto
conto che alcuni spettacoli erano
andati in scena in altre sedi, meno
capienti. La percentuale di riem-
pimento del 76% resta comunque
lontana dalle migliori. Veniamo alle
altre contestazioni. I dati sulla sta-
gione 2010-11 (titoli, numero di reci-
te, spettatori e abbonati) sono tratti,
per tutti i teatri, da “Opera 2011,An-
nuario Edt/Cidim dell’Opera lirica in
Italia” (realizzato in collaborazione
con gli stessi teatri), e per quanto
riguarda il Maggio riportano le cifre
degli spettacoli d’opera fra ottobre
2010 e luglio 2011: quindi, 12 titoli
e 47 recite. Se manca qualche ti-
tolo autunnale, manca anche agli
altri teatri: il periodo considerato è
lo stesso per tutti. Stagione 2012 (e
non 2011, come scrive la sovrinten-
dente), da gennaio a dicembre. Leg-
giamo sul libretto/programma del
teatro: Il viaggio a Reims (5 recite);
Tosca (5); Anna Bolena (4); Rosen-
kavalier (4); La metamorfosi (3); Il
mandarino meraviglioso/Il castello
del Duca Barbablù (3); Traviata (5);
Gianni Schicchi (5); Turandot (6). Se
l’aritmetica non è un’opinione, sono
10 titoli (anzi 9, visto che il Manda-
rino è un balletto...) e 40 recite. Non
si capisce come la Sovrintendente
arrivi a 13 titoli e 76 recite. I prezzi:
inaugurazione del Maggio a parte,
una platea per il Rosenkavalier e
per il dittico bartokiano, nel primo
settore, costava 130 euro. La sovrin-
tendente scrive che il prezzo mas-
simo è di 100 euro: evidentemente
non è bene informata. Quanto alla
classifica, aggiornando i dati delle
alzate di sipario e del rapporto fra
organici e alzate di sipario, secondo
le sue indicazioni, il Maggio risali-
rebbe soltanto un paio di posizioni
e resterebbe lontano dal podio nella
graduatoria finale. L’augurio, since-
ro, è che lei possa riportare il teatro
fiorentino all’antico prestigio, supe-
rando questo difficile momento”.
Mauro Balestrazzi
Bacchette
e bacchettate
Caro Direttore,
ho ricevuto la “bacchettata” della
Sua rivista, nel numero di maggio.
La libertà d’idee è sacrosanta e non
discuto il diritto di pensare che la
mia bordata a Battistoni (comparsa
sul quotidiano “Libero”, dove il ma-
estro Carusi, pianista e divulgatore
scrive come opinionista e critico
musicale, ndr) sia stata sopra le ri-
ghe. Del pari, ritengo indiscutibile
la liceità della mia convinzione che
questo giovane direttore sia solo
un bluff. Ciò che voglio dissipare è
il dubbio che io abbia ricordato le
bacchette grandi (molto più grandi
di Battistoni, ma molto meno note)
di Roberto De Maio, Giancarlo An-
dretta e Alberto Maria Giuri solo
perché miei conoscenti. E non per-
ché sia falso, badi, che li conosca:
il solo Andretta mi è estraneo. Ma
per la ragione che trovo inaccetta-
bile il principio per cui non si possa
dire bene (se ciò è vero) di un ami-
co, e per questo si debba tacere se
si pensa che abbia meno di quanto
meriti. (...) Se ho stroncato Batti-
stoni e se di De Maio sono amico
e dunque, sapendo quel che vale, lo
scrivo senza mezzi termini per di
più invitandolo a suonare insieme,
quando posso, per metterci la fac-
cia di persona; se conAndretta non
ho mai parlato neanche al telefono;
se Giuri non lo vedo dal ‘96 ma a
stimarlo come me è anche quel
grandissimo di Paolo Isotta, il me-
glio della critica italiana da quando
Piero Buscaroli tace; se ho visto il
giovane veronese dirigere alla Sca-
la come davanti allo specchio della
cameretta sua e l’ho sentito sprolo-
quiare in tv da Fazio e Volo; se ho
avuto la testimonianza di diverse
prime parti del Teatro milanese e,
contrariamente a quanto sembras-
se, il suppostissimo titano non è pre-
sente (guarda un po’) nel prossimo
cartellone; se succede tutto questo
e il mio censore avanza dubbi solo
su di me, siamo sicuri che a voler
difendere gli amici sia per forza io
e non lui?
Nazzareno Carusi
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