CLASSIC
POST
IL DIRETTORE
RISPONDE
to Amadeus delle musiche di
Schubert; nessun quartetto
esegue Schubert in modo tan-
to magistrale. So che esistono
incisioni con solisti di lusso
come il clarinettista Karl Ai-
ster...
Massimiliano Erbetta
Caro Massimiliano,
come ascoltatore, e non come
“Direktor”, sono d’accordo con
lei. Lo sono, diciamo, in linea
teorica. Bach ha scritto la sua
musica per gli strumenti del
suo tempo. Tra le mille capa-
cità e virtù, non gli riconosco
quelle divinatorie: l’intuizio-
ne di come sarebbe stato uno
strumento decenni o secoli
dopo, e addirittura il suo ap-
prezzamento. Sappiamo che
Johann Sebastian non amava
quel “gravicembalo col forte
e piano” che – nei suoi anni
– si presentava come una gra-
cile tastiera domestica: nien-
te a che vedere col sontuoso
progenitore a corde pizzicate,
protagonista delle grandi oc-
casioni performative, né con
quell’altro “bestione” tutto
lucido e nero, ancora di là da
venire. Concordo anche sul-
la qualità della resa: quel suo
Klavier
– tutt’altro che una
tastiera generica – se gestito
con un’opportuna e consape-
vole prassi d’esecuzione, è in
grado di restituire un’artico-
lazione decisamente più scre-
ziata e “parlante” di quella
garantita dal moderno piano-
forte. Le diteggiature - ovvero
l’ordine della dita di una mano
da utilizzare al cembalo - sono
per esempio diverse da quelle
pertinenti in un gran coda da
concerto. E questo ha delle
conseguenze in quello che si
sente. Ciò detto, mi rendo con-
to che una pratica come quella
di eseguire Bach al pianoforte
non possa essere ignorata o ri-
fiutata con argomenti di stret-
ta osservanza filologica. An-
che a prescindere dallo stesso
contesto bachiano, che preve-
deva già la migrazione da uno
strumento all’altro, i padri fon-
datori della tradizione di cui
stiamo parlando si chiamano
Beethoven, Schumann, Liszt.
Non proprio degli sconosciuti.
Ecco: proprio la natura illustre
di questa genealogia, giustifi-
ca e rende grande e rispettabi-
le una storia oggi rappresenta-
ta da pianisti come Schiff, che
- in questo ambito - esprimono
una visione personale, consa-
pevole, maturata dopo anni di
serrato confronto con la scrit-
tura bachiana. In ogni caso i
suoi dischi prendono quattro
o cinque stelle per la qualità
del dialogo compositore-inter-
prete, e non per le petizioni di
principio. Stroncare Schiff per-
ché usa il pianoforte sarebbe
come rimproverare a un tira-
misù di non essere abbastanza
salato. Sull’imparzialità delle
recensioni, invece, ci metto la
mano sul fuoco. E non solo da
“Herr Direktor”. Su Schubert
ringrazio e archivio nella “me-
moria” delle cose da desiderare
e, forse, realizzare: l’Amadeus
è certo supremo non solo in
Mozart e Brahms, che abbiamo
già pubblicato.
Quando i solisti
non esistevano
Mancavano i nomi dei solisti
nel cd pubblicato lo scorso
mese con “Classic Voice” e de-
dicato a Pergolesi e Scarlatti?
Sì e no. Sì, perché ogni musi-
cista ha una sua individualità
che va valorizzata e ricono-
sciuta. No, perché la partico-
lare concezione esecutiva, che
intende ripristinare le modalità
d’origine, non prevede un’or-
chestra, un coro e – poi – dei
solisti. Ma un unico ensemble
formato da “musici”, non im-
porta se cantanti o strumenti-
sti, denominato Concerto Ita-
liano. Dove i primi - quattro
soprani, due contralti, due te-
nori e due bassi - si passano le
parti solistiche come nel gioco
della staffetta, riunendosi poi
in quei “ripieni” tipici della
polifonia corale barocca. Vo-
lendo poi fare i loro nomi (Ale-
na Dantcheva, Monica Piccini-
ni, Lia Serafini, Anna Simboli;
Andrea Arrivabene, Alessan-
dro Giangrande; Luca Dordo-
lo, Gianluca Ferrarini; Matteo
Belletto, Sergio Foresti), si fa-
rebbe torto agli strumentisti,
“solisti” pure loro di pari grado
in quella “democrazia” musi-
cale che è la scrittura concer-
tante del Settecento, e che era
impossibile nominare tutti.
Bach
e il tiramisù
Gentile Herr Direktor,
sono un vostro abbonato da
cinque anni circa, sono soddi-
sfatto dei vostri sforzi editoria-
li ma vorrei supplicarvi di non
allegare più alla rivista cd di
musiche di J.S. Bach eseguite
al pianoforte; al momento pos-
siedo un compact con i concer-
ti per clavicembalo eseguiti da
I Barocchisti sotto la direzione
di Diego Fasolis con France-
sco Cera alla tastiera (concer-
ti BWV 1044, 1052,1054,1056)
e due cd Brilliant dei concerti
per 2, 3 e 4 clavicembali (del
1060 al 1065) eseguiti e diretti
da Pieter-Jan Belder insieme a
Menno van Delft e Siebe Hen-
stra con i Musica Amphion.
Eseguito con lo strumento so-
lista a cui era originariamente
destinato, ognuno dei concerti
offre una qualità di ascolto in-
descrivibile tanto più se affida-
ta alle esecuzioni di musicisti
cosi filologicamente preparati
mentre il carattere della parte
solista viene totalmente stra-
volto nelle versioni eseguite al
pianoforte; Glenn Gould fece
del suo meglio e la sua scuola
ha avuto molti proseliti ma sa-
rebbe ora di darci un taglio! A
questo proposito citerei la re-
censioni di dubbia imparzialità
che occupano spesso le pagine
di “Classic Voice” dedicate ap-
punto alle recensioni di com-
pact e dvd in cui le esecuzioni
dei vari Andras Schiff e com-
pagnia vengono sempre osan-
nate e “premiate” con quattro
o cinque stelle. Forse sarebbe
opportuno illuminare noi abbo-
nati cosi come i fruitori occa-
sionali di “Classic Voice” con
esecuzioni bachiane più coe-
renti.
Detto questo cambio sogget-
to chiedendovi se un giorno
vi sarà possibile pubblicare le
incisioni integrali del quartet-
1,2,3 5,6,7,8,9,10