Henze – Immolazione

Henze - Immolazione

Interpreti J. Tomlinson, I. Bostridge, A. Larsson, S. O' Neill 
Direttore Antonio Pappano
Orchestra dell'Accademia Naz. di Santa Cecilia
Auditorium Parco della Musica

ROMA – Se l’età, come dicono, non è un’opinione, Hans Werner Henze è un rinomato compositore il quale, avviandosi all’ottantaquattresimo compleanno, potrebbe aspirare alla qualifica di vecchio signore; ma nient’affatto vecchia è la sua musica, che continua a esser motivo di sorpresa a ogni nuova occasione d’incontro. Tale è, ad esempio, quest’ultima di Opfergang (Immolazione), celebratasi il 10 gennaio al Parco della Musica ceciliano  per la cura, ancor più che per la direzione, di Antonio Pappano; sinfonia drammatica, così ne la descrive il titolo, per soli, orchestra e pianoforte concertante scritta su commissione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia (è la prima che l’autore riceve dacché, or son cinquant’anni, vive nel nostro paese) e ora eseguita in "prima" assoluta con larghissimo concorso di pubblico. E’ condivisibile il parere che la musica di Henze riceva di norma i suoi precipui stimoli dal teatro;  intendendosi come tale non una generica illustrazione di fatti o una trama narrativa ma la ricerca di un approdo interiore, capace di esprimere sensazioni anche senza l’ausilio della scena. Opfergang collima affatto con questa opzione mentale: nel poemetto di Franz Werfel, Das Opfer, inserito nella raccolta Wir sind, del 1913, donde la composizione prende spunto un conflitto si denuncia fra un transfuga dalla vita individuato quale Straniero, assassino e insieme vittima (ma della società, è ovvio), e un cagnolino bianco ben educato e d’ottimo lignaggio che a costui finisce coll’immolarsi rappresentandone simbolicamente l’alter ego. Così che, quando lo Straniero lo strozza e ne butta via il cadavere si compie un atto di autoidentificazione: perché è se stesso che l’uomo intende immolare, mentre il cagnetto morto continua a manifestare amore per il suo carnefice.
Cosa abbia potuto intrigare Henze di un siffatto florilegio di banalità in salsa avanti lettera "dada" sarebbe difficile capire non fosse che per un particolare in grado di illuminare il tutto: la profonda germanicità latente di quel soggetto, il suo anteporre ad ogni azione una riflessione, la sua sembianza insomma gnostico-speculativa. Nella musica di Henze, di rango ben superiore a quello del testo poetico, lo Straniero altri non è che l’antico Wanderer schubertiano trascorso dal solipsismo romantico ai gorghi velenosi della dodecafonia, qui perseguita col più nobile rigore e senza perder mai di vista la carica emotiva delle note. In tal senso Henze si conferma preclaro organizzatore di strutture compositive e, più spesso che non autorizzi la verbosità del testo di Werfel, convincente suscitatore di palpiti fondati sull’esclusivo potere dell’idea tematica. E nel conflitto che il poeta rende esplicito tra violenza, simbolo dell’uomo, e amore, tratto d’identità dell’animale, la vince più spesso, occorre ammetterlo, il secondo termine dell’equazione: contro la forza degli agglomerati armonici, o clusters, tutti sapientemente costruiti, s’ergono allora gli squarci di un lirismo irreale, che la musa mai stanca di Henze riesce ad enucleare talvolta da un semplice accordo di due note. (13 gennaio 2010)
Aldo Nicastro   

La recensione completa compare sul numero 129 di "Classic Voice" (febbraio 2010) 


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