Brahms – Ein deutsches Requiem

orchestra des Champs-Élysées
ensemble Collegium vocale Gent
soprano Ilse Eerens
baritono Andrew Foster-Williams  
direttore  Philippe Herreweghe
dvd Narodowy Instytut Fryderyka Chopina NIFC  003                   
prezzo 27,60

brahms-herreweghe-europe

Si tratta di una registrazione del concerto svoltosi a Varsavia, nella Basylice Sw. Krzyza, il 16 settembre 2011 nell’ambito del Festival “Chopin e l’Europa”. Proposta che ci porta in una zona più appartata di quel vasto universo rappresentato dai rinnovati confronti con questo capolavoro, a svelarne le infinite virtualità, dall’alone di tragicità che avvolge le storiche registrazioni di Furtwaengler alla solenne maestosità di un Klemperer per arrivare alle trasparenze seducenti di Karajan o alla stupefatta luminosità di Abbado. Prospettive lontane da quelle prescelte più radicalmente da altri interpreti, Gardiner, Norrington e, appunto Herreweghe, guidati dall’intento di  ricreare attraverso un calibro strumentale meno corposo rispetto a quello della compagine tardo-romantica il carattere più intimo di questo Requiem “per vivi”, dove il mistero della morte, allontanate le terrifiche visioni del Dies irae, si ricompone in tratti più pensosi, che attenuando il gesto drammatico lasciano piuttosto affiorare un ripiegamento consolatorio. La ricerca di questo colore emozionale lascia ben intendere nella linea di chiarezza del direttore di Gent la consapevolezza di quanto la tradizione luterana penetri entro la trama di quest’opera, come grande confessione, del compositore innanzitutto, il quale alterna l’urgenza del presente alla più decantata prospettiva della storia, un passato che Brahms sente quale radice imprescindibile, quello di Schütz, di Bach, di Handel, il Bach delle Passioni in particolare, che rivive attraverso le grandi nervature contrappuntistiche, terreno che da sempre ha nutrito l’esperienza di Herrewege. E proprio questo continuo intridersi di presente e di passato, mentre esorcizza ogni nostalgia retrospettiva ripropone una problematica attualità. Ma più che la sollecitazione “filologica” è la “tinta” che sembra guidare la mano del direttore, quella morbidezza che funge anche da tessuto connettivo nella contrapposizione quasi in due blocchi delle prime tre parti, dove la miseria della vita terrena trova poi compenso nella felicità promessa della vita eterna cantata nelle altre quattro. È questa sottile tensione comunicativa del timbro che Herrewege, nella rispondenza offerta dai due eccellenti “strumenti” e pure dei due solisti, il soprano Ilse Eerens e il baritono Andrew Foster-Williams, irradia dalla scrittura strumentale a quella corale, trovando un centro unitario nella organicità che abbraccia ariosamente le sette parti, nella comprensione di quella originalità con cui Brahms riesce a far convivere le possenti architetture contrappuntistiche con la levità dell’inflessione liederistica, chiave preziosa per  lasciar affiorare quell’impalpabile malìa elegiaca che è segreta cifra brahmsiana.
Gian Paolo Minardi

 

 


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