Rossini – Petite Messe Solennelle

Rossini - Petite Messe Solennelle

interpreti A. Pendatchanska, M. Custer, S. Secco, M. Palazzi
direttore Riccardo Chailly
orchestra Gewandhaus di Lipsia
regia video Michael Beyer
formato 16:9
sottotitoli Lat., Ing., Fr., Ted., Sp.
dvd EuroArts 2057428

Le due diverse versioni (quella per due pianoforti e armonium, e quella che Rossini orchestrò onde evitare che qualcun altro lo facesse dopo la sua morte) sono spesso state considerate tra loro antagoniste, senza però una ragione davvero valida: piena evidenza al petite la prima, maggior peso sul solennelle la seconda, sono entrambe facce d’una stessa medaglia, proprio come sempre avvenuto con Rossini, che una sinfonia composta per un’opera seria come Elisabetta la impiega identica per una buffa come Barbiere, e funzionano magnificamente entrambe. Semmai, c’è da dire che in disco è la Petite ad aver avuto un maggior numero di esecuzioni, tra le quali almeno due di perentoria perfezione (Gandolfi che guida Freni, Valentini, Pavarotti, Raimondi l’una; Bertola che guida Scotto, Cossotto, Kraus, Vinco l’altra): mentre l’altra è stata assai meno frequentata, e sempre piuttosto male con l’eccezione proprio di Chailly, che per la Decca l’aveva incisa coi complessi del Comunale di Bologna quando ne era direttore musicale, con Dessì, Scalchi, Sabbatini, Pertusi. Chiaro che questo video dispone dell’atout imbattibile di complessi eccezionali quali il Gewandhaus e il coro dell’Opera di Lipsia, che ispirano a Chailly interpretazione ancora migliore. Le due doppie fughe del “Cum Sancto Spiritu” e dell’Amen, poste a coronare Gloria e Credo, coniugano entrambe brillantezza e sontuosità fenomenali con uno slancio vitale dal vigore ritmico non meno sbalorditivo: ma non è meno mirabile l’evidenza conferita alla sapienza dei giri armonici coi quali Rossini movimenta di continuo l’aprirsi irresistibile di alcune delle più belle melodie uscite dalla sua fantasia. Il quartetto solista non è in tutto e per tutto pari allo splendore corale e strumentale, ma s’attesta su un buon livello. Alexandrina Pendatchanska è come sempre più interprete che vocalista, però gli accenti che imprime al suo “Crucifixus” sono davvero toccanti; le pestifere quartine che nel “Domine Deus” preparano il la naturale, Stefano Secco le sgrana con qualche sforzo ma è molto bravo nei suoi interventi nel “Gratias”. Mirco Palazzi spinge un po’ alle alte quote del “Quoniam”, dove il bel timbro tende a sfocarsi, ma è musicalissimo e ogni suo intervento nei brani d’insieme è ragguardevole; Manuela Custer è magnifica nella triplice invocazione dell’Agnus Dei, dove il fervore dell’accento e la morbida luminosità della splendida linea vocale si contrappongono alle delicatissime risposte del coro rendendo piena giustizia alla pagina più sublime della sublime partitura.

di elvio giudici


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299 Aprile 2024
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