Bellini – La sonnambula

Bellini - La sonnambula

interpreti E. Mei, J. Bros, G. Prestia, G. Bertagnolli
direttore Daniel Oren
orchestra Maggio Musicale Fiorentino
regia Federico Tiezzi
regia video, Paola Longobardo
formato 16:9
sottotitoli It., Ing., Fr., Ted., Sp.
dvd Arthaus 107239

Opera spinosissima: l’alto valore musicale impone portarla in scena, dove però ambientazione, personaggi, trama ne fanno quasi sempre una grulleria per gorgheggianti Heidi. Tiezzi si prova ad andare controcorrente, illuminando sia pure con cautela il sottotesto di sensualità (cui nell’Ottocento perbene potevano alludere solo povere pazze o affini come sonnambule), di regole sociali d’etica e classiste, di tutto l’inespresso insomma che la musica suggerirebbe tra le righe e la comoda tradizione ha invece aborrito.
Vicenda dunque posposta a fine Ottocento, e resa proiezione inconscia di Amina. La quale dorme e sogna un avvenire di placida borghese tutta torte ed economia domestica, casetta tra prati smaltati, vicini festosi: ma un “qualcosa” entro di sé la spinge invece a mettere tale avvenire in discussione, avviandola verso il divano (e a fine Ottocento, su ogni divano dove siede una giovane fanciulla cade l’ombra di Freud) d’un uomo piuttosto maturo, nonché ad affrontare i rischi espliciti – l’ambiente borghese pronto a respingere ogni “altro” da sé – ma molto più impliciti d’una traversata sopra un’esile struttura di ferro sospesa su ostili onde ghiacciate. Tutta la vicenda diventa allora una sorta di lungo viaggio allucinatorio attraverso l’immaginario romantico (sia quella della vita bucolica nei campi di grano, sia quella della solitudine interiore nel ghiacciaio del celebre dipinto di Caspar Friedrich Naufragio della speranza) allacciato a una specie di sua propaggine moderna costituita dall’altrettanto celebre film Picnic a Hanging Rock di Weir: viaggio dal quale Amina è risvegliata grazie alle cure del medico-psichiatra Rodolfo, metafora di quel Mesmer i cui esperimenti fecero furore nei salotti parigini primo-Ottocento, e sono alla base del soggetto di Scribe.
Spettacolo insomma interessante nel suo far intuire che sotto al grembiulino tutto pizzi e merletti di Heidi ci sarebbero parecchie cose, cui solo nuoce una tal quale eccessiva prudenza nel rimuovere detto grembiulino. Le riprese sono ottime, la direzione di Oren un po’ meno e troppo falcidiata da tagli oggi obsoleti. Eva Mei è fisicamente all’altezza, e canta benissimo; José Bros non  si limita ad onorare – assai bene – i sovracuti di Elvino cui si dedica sempre un’ossessiva attenzione che, questa sì, sarebbe da curare in psicanalisi, ma si preoccupa anche di far emergere cosa essi significhino in sede espressiva; Giacomo Prestia fa un po’ soffrire quanto a omogeneità e morbidezza di linea, ma Rodolfo – grazie a contesto così interessante – lo fa comunque venir fuori.

di elvio giudici


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299 Aprile 2024
Classic Voice