L’orrore di Wagner

Anticipiamo i contenuti di un nuovo libro di Nattiez che affronta l'antisemitismo del compositore
Le ragioni storiche, biografiche, culturali che stanno dietro l’anti­semitismo di Richard Wagner 
e della sua generazione sono spiegate - senza giustificarle - in Wagner antisemita, un problema 
storico, semiologico ed estetico, uno degli ultimi libri del famoso semiologo canadese Jean-Jacques 
Nattiez che sarà pubblicato a febbraio in prima traduzione italiana (a cura di Olga Visentini, 
pp. 694, Ricordi/Libreria Musicale Italiana, collana “Le Sfere”). L’edizione comprende in appendice 
tutti i testi di Wagner sulla questione ebraica. 
In occasione della Giornata della memoria 2022 su "Classic Voice" in edicola abbiamo pubblicato 
un brano del semiologo col consenso dell’editore. Ne anticipiamo la prima parte qui

 

Di Jean-Jacques Nattiez

L’obiettivo di quest’opera non è di interessarsi a una dimensione della persona e dell’opera di Wagner che potrebbe scatenare uno scandalo o attirare l’attenzione dei giornali a buon mercato. Si tratta qui di scrivere un capitolo importante della storia della musica, e questo da un punto di vista fondamentalmente critico.
Wagner è un compositore immenso e l’autore di queste righe considera, e altri con lui, che appartenga alla piccola schiera dei grandi creatori della cultura occidentale. Giudica il Tristan und Isolde come una delle vette della musica. Il mio scopo non è certamente quello di intaccare l’immagine ammirativa che si sono formati molti melomani e musicisti ascoltando le sue opere o assistendo alla loro rappresentazione. Ma ciò non giustifica che, appassionati sia dall’uomo che dalle sue opere, si trascuri intere parti della sua biografia e del suo pensiero. La letteratura consacrata all’antisemitismo di Wagner è enorme e testimonia un ventaglio di comportamenti tanto diversi quanto, a volte, antitetici. In ogni caso sempre appassionanti.
Certi autori hanno voluto ridurre la dimensione giudeofobica e antisemita del suo pensiero al solo saggio L’ebraicità nella musica, perché, ahimè, il suo contenuto razzista è innegabile, come si potrà constatare fin dall’inizio nel capitolo I che lo commenta e nell’Appendice I che ne fornisce il testo completo. Questo non ha impedito ad alcuni autori, e non i minori, di tentare di cancellarne la presenza nel corpus degli scritti di Wagner oppure di minimizzarla.
Le posizioni antisemite di Wagner sono parimenti evidenti in alcune delle sue lettere, nei suoi discorsi, riportati nei Tagebücher – i diari giornalieri compilati a partire dal 1869 – di sua moglie Cosima Wagner, e in certi suoi comportamenti attestati nella sua autobiografia. Ma la loro interpretazione non è scontata: bisogna ricorrere alla psicanalisi? I fatti su cui più autori si sono fondati, sono davvero comprovati?
Una delle tattiche utilizzate per proteggere la statura del musicista è stata quella di contestare l’esistenza di una dimensione antisemita nelle sue opere. Alberich, Mime, Hagen nella Tetralogia, Beckmesser nei Meistersinger, Kundry in Parsifal sono delle raffigurazioni di ebrei, e se sì, come e perché? La questione è stata violentemente dibattuta. E cosa dire della musica stessa?
Infine, in ragione dell’ammirazione di Hitler per Wagner, attestata dalla sua ricorrente presenza al Festival di Bayreuth e dai suoi stretti legami con la famiglia Wagner, si può rendere Wagner responsabile in tutto o in parte della Shoah? La posta in gioco è molto alta, e non si conta più il numero di saggi o di convegni che si attardano a esaminare le conseguenze di Wagner. Il bando della sua musica in Israele è indubbiamente la manifestazione contemporanea che è stata più mediatizzata.
Tutte queste dimensioni della questione antisemita in Wagner giustificano un’investigazione rigorosa, sia storica che musicologica. Probabilmente ci si stupisce che io gli dedichi ancora un altro libro. La questione è stata spesso affrontata seguendo diverse aree disciplinari: lavoro biografico, storia generale, storia della musica, storia del pensiero, storia della filosofia, storia dell’antisemitismo, musicologia, psicanalisi, ecc. Di conseguenza, lo sguardo portato sull’antisemitismo di Wagner è rimasto una questione esclusiva degli specialisti, cosa che ha avuto per effetto di separare gli uni dagli altri l’esame della sua vita, dei suoi scritti teorici, della sua corrispondenza, dei libretti delle sue opere e della loro musica. Il mio obiettivo va contro questa situazione di frammentazione.
Il mio principio di base è semplice: se le posizioni e l’estetica di Wagner si sono evolute nel corso della sua carriera come accade per ogni creatore, o meglio per ogni essere umano, al contrario, la sua personalità era una sola. Non lo ritengo schizofrenico. L’uomo che ha scritto L’ebraicità nella musica è anche colui che ha composto la Tetralogia, peraltro nello stesso periodo della sua vita, e ha rieditato questo stesso pamphlet mentre venivano creati Die Meistersinger von Nürnberg. Redige gli scritti razzisti della fine della sua vita mentre sta ancora componendo il Parsifal. Il mio obiettivo è quindi di fare appello simultaneamente, a ogni periodo della sua esistenza, all’insieme dei dati che possono permettere di descrivere, di capire e di spiegare la dimensione antisemita dei suoi comportamenti, delle sue affermazioni, dei suoi scritti e delle sue opere.
Considerata la natura delicata dell’argomento, è mio dovere farlo precedere da un importante avvertimento: ciò che Wagner ha scritto sugli ebrei è spesso orribile, e mi scuso in anticipo per il carattere oltraggioso e scandaloso di alcune formulazioni che sarò costretto a citare, ma la precisione del lavoro –  non ho paura del termine ̶- ha questo prezzo. Durante una delle mie conferenze su questo tema, una eccellente collega ha addirittura esposto l’idea che pubblicare i testi odiosi di Wagner significa contribuire allo sviluppo dell’antisemitismo. Non sono d’accordo. Al di là del fatto che, come indicherò più avanti, non sono il primo a pubblicare una nuova versione della traduzione di questo scritto, considero che il cittadino, lo storico, il melomane e il musicologo non possano formarsi un chiaro giudizio sull’antisemitismo di Wagner se non citandolo verbatim. Bisogna pur basarsi su qualcosa.
In tal senso, mi sembra del tutto giustificato, non solo da un punto di vista dell’informazione storica, ma anche come un dovere della memoria, il fatto di aver ripubblicato i pamphlets antisemiti di Louis-Ferdinand Céline, la cui lettura è necessaria per una completa comprensione della personalità e dell’opera di uno dei più grandi scrittori del XX secolo, a condizione di precisare, come fa senza ambiguità l’editore dei suoi Écrits polémiques: “La violenza razzista che [questi scritti] racchiudono, diretta in modo particolare contro gli ebrei, ha fatto precipitare l’autore di Voyage au bout de la nuit dalla parte di una visione dell’uomo e del mondo che noi disapproviamo”. Considero che l’analisi del pensiero e delle opere di Wagner, così come viene svolta in questo mio libro, offra tutte le misure di salvaguardia necessarie alla pubblicazione dei suoi scritti giudeofobici e antisemiti. (… continua nel numero 272 di “Classic Voice”)

 

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