Più musica a scuola. O più cultura musicale?

Dare dignità alla musica nelle scuole non significa far partecipare tutti gli studenti a una gigantesca e inutile ricreazione, dice Guido Salvetti

“Fare musica tutti”: è fin troppo facile motto di uno dei comitati più vicini alla stanza dei bottoni: fare, cioè suonare, cioè cantare. Ascoltare no? Il pregiudizio è: ascoltare è una passività; mentre suonare o cantare è un’attività cosciente e creativa. Basta pensarci un pochino, e ci si accorge che può anche essere l’esatto contrario.
Si pensi quanto poco coscienti e creativi sono stati i cosiddetti “laboratori”, attivati qualche anno fa con soldi pubblici per intercessione del benefico comitato “per l’apprendimento pratico della musica”: costose percussioni, o chitarre o “tastiere”, affidate all’estro estemporaneo di qualche liceale tutt’altro che dirozzato, hanno avuto vita breve e ingloriosa. In quei casi la “pratica” non ha prodotto molta cultura musicale. Come non l’hanno prodotta i flautini a becco a cui per anni si sono dedicati con rivoltanti risultati fonici i nostri ragazzi delle medie nelle ore della cosiddetta “educazione musicale”. Come non l’hanno prodotta i tanti cori scolastici quasi sempre istruiti – si fa per dire – da chi non ha nozione di come si possa impostare una voce (impresa titanica, per altro, con ragazzini afflitti dalla “muta” della voce). Pietà! Meglio il silenzio riflessivo di chi ascolta seguendo, partecipando, cercando di “capire”.
Chi l’ha detto infatti che l’ascolto è condannato ad essere passivo? Potrebbe non esserlo – non lo è – per l’infante, per lo scolaro o per lo studente che hanno avuto la fortuna di incontrare qualcuno (maestro, professore, genitore, musicista) che ha trovato la via per interessarli, istradarli, illuminarli … Non bisogna credere, insomma, ai falsi profeti che vorrebbero dotare ogni italiano di uno strumento (ebbene sì: lo hanno detto e scritto). Ogni italiano questo strumento ce l’ha: è l’orecchio purché sia collegato al cervello. Non credete neppure a chi avrebbe sostenuto che tutti hanno come strumento la voce: i purché, in questo caso, sono davvero così tanti da invalidare la fideistica affermazione. E ogni giorno gli happy birthday risuonano nel mondo a dimostrare come l’uomo, per natura, non sa cantare. Per cultura, certo, sì: ma in questo modo si ritorna da capo: occorre che qualcuno te lo insegni; occorre applicazione e metodo; cervello, più che incontenibile passione.
Guido Salvetti


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