Mozart, Don Giovanni – Como, Bolzano, Reggio Emilia

Don-Giovanni-1

interpreti G. Myshketa, A. Concetti, F. Lombardi, V. Mastrangelo, G.S. Sala
direttore José Luis Gomez-Rio
regia Graham Vick
teatro Sociale
COMO

Affidare i giovani cantanti dell’Aslico a un grande regista. E condividere l’allestimento con altri sette teatri del Centronord. Il Don Giovanni messo in scena al Sociale di Como (questo mese a Brescia e Bolzano, il prossimo a Reggio Emilia) è un modello didattico e gestionale, che valorizza il vivaio vocale e ammortizza i costi. Ma è anche un esempio per i risultati artistici raggiunti. Lo spettacolo di Graham Vick scandalizza le platee assopite degli italici teatri di tradizione, sbattendo in faccia al pubblico una verità: che Mozart ha scritto l’opera non per assecondare il buon gusto, ma per penetrare nell’animo umano. Per parlare di noi. Mai, per nessun altro titolo d’opera, l’abusato slogan è stato più pertinente. E questo vale sempre, a prescindere dal profilo che acquisisce il protagonista: qui, invece dell’ambiguo, sfaccettato, problematico libertino amato dai registi delle ultime generazioni, c’è un uomo qualunque. Don-Giovanni-2 Un ganassa di periferia che provoca la morte del padre della sua bella sventolandogli sotto il naso le sue mutandine e, come se nulla fosse, prosegue la sua “carriera” nei deprimenti party seriali a base di coca ed ecstasy. La banalità del male sopravvive nella vita dei singoli, rimane in agguato nell’esistenza demenziale di questi Giovanni qualunque. E la società non se ne rende conto, la vede passare ignorandola. Fino al finale dell’opera, che tanto ha turbato: il libertino/burino si eccita filmando ragazzine nude costrette a giochi erotici coi piatti saporiti serviti a cena da Leporello. Al che, invece di scandalizzarsi, verrebbe da dire: a questo si è ridotto il mitizzato Don? A uno dei tanti youtubers che popolano la rete coi loro giochi perversi? E infatti nel sestetto conclusivo quello sciupafemmine di provincia si viene a sedere in platea, in mezzo al pubblico: alla generale era composto da trentenni, disinvolti, inquieti e forse disperati come lui. Don-Giovanni-3
In uno spettacolo così fatto la parte visiva è trainante, è vero. E pure non vanno dimenticati i meriti degli artisti che hanno portato la vita in palcoscenico: cantando e facendo teatro. Gezim Myshketa, Don Giovanni artista e “belcantista”, in grado di difendere le alte prerogative musicali della parte e di farle dialogare col ruolo cucitogli addosso, senza storpiarle. Andrea Concetti, Leporello d’annata, un po’ dimesso. E poi i giovani Valentina Mastrangelo, Federica Lombardi, Giovanni Sebastiano Sala, Mariano Buccino, Riccardo Fassi, Alessia Nadin, tutti ammirevoli per l’entusiasmo scenico e la tenuta vocale. E ancora Ron Howell, maestro coreografo in grado di scatenare nella festa un caos perfettamente organizzato. Fino al direttore José Luis Gomez-Rios,  sinergico col palcoscenico, spiccio ma efficace, nonché meritevole spronatore dei Pomeriggi musicali in buca.
Andrea Estero


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