Pergolesi tagliato

Dantone costretto a rinfoderare la bacchetta

Pergolesi tagliato Uno scarno comunicato della Fondazione Pergolesi-Spontini di Jesi annunciava il 20 luglio: “Rinviate le opere Lo frate ‘nnamorato e L’Olimpiade, e l’oratorio Guglielmo d’Aquitania”.
Con la soppressione dei comitati nazionali in via d’istituzione (tutti salvo quello dedicato a Cavour), sono saltate le risorse straordinarie per il tricentenario della nascita di Pergolesi. Niente più gli auspicati contributi da Arcus né dal ministero dei Beni culturali. L’amministratore delegato William Graziosi apprende la notizia dai giornali, il direttore artistico Vincenzo De Vivo la telefona agl’interessati.
A un mese dall’inizio delle prove, Ottavio Dantone (foto) deve rinfoderare la bacchetta: “Io e il mio gruppo Accademia Bizantina siamo coinvolti nel festival Pergolesi-Spontini fin dalla sua prima edizione, una decina d’anni fa. Si trattava di eseguire ben quattro opere sulle sei in programma. Tre le avevo già eseguite; una, Lo frate ‘nnamorato, sarebbe stata nuova per me. Di fronte a una tale barbarie posso dire solo che tagliare la cultura equivale a tagliare la sanità. Chi non capisce questo semplice concetto o ha un preciso e nefasto progetto politico, oppure è inconsapevole… o stupido”.
Aggiunge De Vivo: “L’interesse per Pergolesi ha dato frutti in molti festival europei che hanno eseguito le opere con le edizioni approntate dalla Fondazione, spesso con gli stessi complessi e cast. Le tre ultime edizioni del Festival non erano solo l’occasione di ascoltare tutta la musica di Pergolesi, ma la vetrina dei maggiori interpreti di musica barocca, italiani e no”.
Oltre al pessimo gusto di un timing e di un metodo, c’è da riflettere sulla natura dell’ente così colpito: non una di quelle 14 fondazioni lirico-sinfoniche che, a dire del ministro Bondi, stavano rovinando l’Italia, ma una rete virtuosa di enti pubblici locali e sponsor privati che per quattro anni di seguito ha chiuso i bilanci in attivo, spaziando dalla produzione lirica alla gestione delle stagioni nei sei teatri di Jesi e Vallesina, dalla ricerca musicologica ai progetti editoriali e didattici, dall’alta formazione per le professioni dello spettacolo alla diffusione sul territorio. “In dieci anni – dichiara Graziosi – abbiamo prodotto un fatturato di 31 milioni di euro, con un indotto per l’economia locale stimabile attorno ad 80 milioni”.
Un progetto politico, come afferma Dantone? In apparenza sì. Chi produce cultura senza accumulare deficit va punito e ricondotto all’obbedienza; il caso dell’Opera di Roma insegna. (28 luglio 2010)
                                                                                                                                                   Carlo Vitali


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