Bach – Il clavicembalo ben temperato vol. 2

pianoforte Pietro De Maria
2 cd Decca  481 2361                 
prezzo 20,80

Pietro-De-Maria

Mentre questo secondo libro del Clavicembalo era in macchina De Maria presentava già nei suoi programmi concertistici le Variazioni Goldberg, per dire di un prospettiva già chiaramente delineata dopo il “ritorno a Bach” al termine del lunghissimo viaggio chopiniano. Ritorno coerente, come in altre occasioni ho sottolineato, nel senso di quella magica circolarità che si è stabilita tra i due autori e che De Maria ha come metabolizzato con naturalezza e sapienza insieme; due termini che trovano una sollecitazione nuova per ogni interprete che si accinge ad affrontare il secondo volume del Clavicembalo, con tutti gli interrogativi che si porta dietro a causa di quei circa vent’anni che lo distanziano dal suo primo confratello, vent’anni che contano nell’esperienza di un compositore dallo sguardo aperto e dalla sensibilità onnivora come Johann Sebastian e che hanno lasciato segni riconoscibili nel modo di ripercorrere il tracciato dei ventiquattro Preludi e Fughe. Non è questa la sede per confronti che richiederebbero ben più acuminati strumenti analitici, tuttavia la sensazione è che De Maria si sia calato con pienezza in questa diversa prospettiva, mettendo al tempo stesso a frutto la positiva esperienza del primo volume, nel modo con cui ha realizzato l’appropriazione pianistica animando la consapevolezza stilistica con una libertà di eloquio che lascia ben intendere l’equivoco abbastanza ricorrente tra stile e stilizzazione. Che il secondo volume lasci trasparire una diversa temperie poetica e compositiva De Maria lo fa intendere – allo stesso modo con cui ripercorre le coeve  Goldberg –  attraverso la peculiarità con cui fissa l’immagine di ogni brano, con scelte anche molto contrastanti che si aprono a situazioni espressive sempre mirate, in un’alternanza tra momenti riflessivi, spunti giocosi, sorprendenti apparizioni tra una dichiarata severità, che compongono, attraverso la misura di quel mirabile ordine che regola la scrittura, un mondo immaginario che l’interprete, un interprete come De Maria, può far ritornare reale.
Gian Paolo Minardi

 

 

 

 

 


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