Brahms – Concerto per violino

violino Leonidas Kavakos
direttore Riccardo Chailly
orchestra del Gewandhaus
cd  Decca   478 5342

decca

Il disco nasce pressoché a ridosso della realizzazione da parte di Chailly delle quattro Sinfonie di Brahms, partecipe quindi di quello spirito che ha guidato il nostro direttore  il quale, dopo una lunga frequentazione brahmsiana, approdata una ventina d’anni fa alla registrazione della Sinfonie con l’Orchestra del Concertgebouw, è tornato a confrontarsi con questi monumenti le cui radici affondano profonde nella storia dell’orchestra del Gevandhaus che Chailly guida dal 2005, incarico rinnovato fino al 2020. “Al genio di Brahms non ci si abitua” ha detto Chailly per rivendicare ancora una volta la necessità di smuovere le incrostazioni di una certa tradizione dalla quale è uscita un’immagine del musicista spesso discutibile, che ha falsato gli specifici caratteri di questa musica, così serrata nella sua struttura interna e tuttavia così avvolgente nella sottigliezza dell’abbraccio emozionale. Situazione proposta anche nel Concerto per violino che è entrato nell’Olimpo delle grandi creazioni violinistiche non senza sospetti e opposizioni da parte degli interpreti (a partire da quella di Pablo de Sarasate indignato per la melodia del secondo movimento affidata all’oboe) per il deficit di virtuosismo che solo l’ultimo movimento “all’ungherese” consente. Le stesse opposizioni incontrate dai due Concerti per pianoforte che nonostante le difficoltà estreme che deve superare il solista hanno per lungo tempo scontato il limbo di una troppo poco evidente virtuosità. Vincoli che Chailly e Kavakos hanno inteso superare, conformandosi tra l’altro ai tempi originali trovati negli archivi di Joachim che del Concerto era stato il primo esecutore proprio al Gewandhaus sotto la direzione di Brahms. Quello che soprattutto colpisce e affascina di questa esecuzione è proprio l’allontanamento da quel che di troppo esibito e talora faticoso che affiora da molte interpretazioni. Kavakos infatti è uno dei rari violinisti che abbiano il dono di trascendere la dimensione strumentale, eliminando quella talora troppo esibita visceralità propria di una certa tradizione violinistica e filtrando quella pressione del virtuosismo, che pur possiede in misura indiscussa, per decantare il discorso in pura evocazione sonora. A completare il disco una significativa appendice con Kavakos, insieme al pianista Péter Nagy, che esegue quattro Danze Ungheresi di Brahms nella trascrizione di Joachim e le due Rapsodie di Bartok per violino e pianoforte.
Gian Paolo Minardi

 

 

 

 


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