Stradella La Doriclea

interpreti E. Baráth, G. Bridelli, X. Sabata, G. Martellacci, L. Cervoni, R. Novaro 
ensemble Il Pomo d’oro
direttore Andrea De Carlo
3 cd Arcana A 454

 

“Qua si va preparando per questa estate un’operetta di spada e cappa di sei personaggi da fare in villa e in mare”: questo, datato Genova 24 maggio 1681, sembra essere l’atto di nascita della Doriclea. Nella lettera indirizzata da Stradella al suo mecenate Flavio Orsini duca di Bracciano ulteriori dettagli sui ruoli e sul relativo cast “di tutta perfettione” gettano un serio dubbio sull’attribuzione del libretto allo stesso Orsini nonché sulla datazione finora ipotizzata (Roma, circa 1675). Nella troppo breve parabola del geniale compositore, accoltellato a morte il 25 febbraio 1682, la differenza non è di poco conto. Primo oppure ultimo dei suoi lavori drammatici profani? La datazione alta è sostenuta da Arnaldo Morelli nelle note di corredo del presente cofanetto, quella bassa da Carolyn Gianturco. Alla guerra cortese fra studiosi si è aggiunta quella legale fra direttori e case discografiche per lo jus primae notae, risolta nel 2017 da una doppia sentenza del Tribunale civile di Roma che ha dato ragione ad Arcana e Andrea De Carlo contro Estévan Velardi e Concerto Classics. Allo stato degli atti sembra che la “versione Velardi”, incisa dal vivo nel 2004, ormai pronta per la distribuzione e perfino recensita in anteprima da qualcuno, non godesse della debita autorizzazione da parte dell’archivio diocesano di Rieti, proprietario della partitura manoscritta già data per dispersa ma rinvenuta pochi anni fa da Lucia Adelaide De Nicola, che ne sta curando l’edizione critica.
In attesa di un futuro sblocco della Doriclea 2 si dà atto che la n. 1 giustifica l’accanimento dei contendenti. Altro che “operetta”! Sono tre ore abbondanti di musica divise in tre atti; una frizzante commedia degli equivoci estesa su una quarantina di scene e altrettanti pezzi chiusi, fra cui otto arie accompagnate da due violini obbligati, 17 duetti, un quartetto e, vetta di Gran Patetico che non sfigurerebbe in qualunque opera seria dell’epoca, un’aria-lamento su basso ostinato (“Voi non piangete, o stelle”). Più alcuni markers stilistici presenti nello Stradella degli oratorii drammatici maggiori ma qui messi al servizio di una drammaturgia condita da gelosie, scambi di persona, travestimenti, lettere intercettate, duelli, siparietti comici: recitativi curatissimi, magistrali contrappunti, audaci soluzioni armoniche, lussureggiante poliritmia. Nessuna sinfonia, ma ritornelli strumentali entro alcune arie. Sei appunto i personaggi: due coppie di nobili amanti, una vecchia assatanata e un servo rassegnato a sposarla per interesse. Bisogna dire che i nobili committenti genovesi non si facessero mancare nulla neppure in villeggiatura.
Anche il presente cast è “di tutta perfettione”, con Emöke Barath e Giuseppina Bridelli, soprani-coloratura di pari peso, rispettivamente nell’esigente ruolo titolare e in quello della rivale Lucinda. Appena un poco in ombra il mellifluo contraltista Xavier Sabata (Fidalbo) di fronte all’agile e ben timbrato tenore di grazia Luca Cervoni (Celindo); i buffi Delfina (il contralto Gabriella Martellacci) e Giraldo (il baritono Riccardo Novaro) possiedono cospicue risorse di colore e proiezione di cui fanno uso in ruoli per nulla secondari dove Stradella riequilibra la sofisticata geometria amorosa dei personaggi alti con pennellate di realismo basso-mimetico. In questo quinto volume dello “Stradella Project” De Carlo rinuncia al suo ensemble proprietario Mare Nostrum in favore del non meno titolato Pomo d’Oro; colonne del mobilissimo basso continuo l’arciliuto di Simone Vallerotonda e il violoncello di Ludovico Minasi.
Carlo Vitali

 

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