Thielemann e Gatti, sfida su Beethoven

Una riflessione su passato e futuro della Staatskapelle di Dresda, tra Scala e Quartetto
Beethoven
Sinfonie n. 7 e 8
direttore C. Thielemann
orchestra Staatskapelle 
Dresden
teatro alla Scala


Beethoven
Sinfonia n. 3
Strauss
Metamorphosen
direttore Daniele Gatti
orchestra Mozart
sala Verdi

 

MILANO – Il passato e il futuro della Staatskapelle di Dresda si avvicendano nelle sale da concerti milanesi: Christian Thielemann, che ha tenuto le redini della gloriosa orchestra tedesca per dieci anni, e Daniele Gatti, chiamato a sostituirlo come direttore musicale dal 2024. E sullo sfondo il protagonista di ogni sfida direttoriale che si rispetti: Beethoven. Thielemann ha eseguito con l’orchestra sassone la Settima e l’Ottava alla Scala. Gatti la Terza, non a caso assieme a Metamorphosen di Strauss (che cita temi beethoveniani), con l’Orchestra Mozart come inaugurazione di stagione della milanese Società del Quartetto. Al netto delle differenze di identità orchestrale e di organico (8 contrabbassi per Thielemann, 3 per Gatti), il maestro milanese vince la sfida. Certo, Thielemann è prodigioso nel cavare il suono orchestrale, la Staatskapelle non ha rivali nell’emetterlo. La quantità di dettagli che dinamizzano dall’interno la struttura sorprende (o forse no). Ma talvolta si ha l’impressione che Thielemann diriga sempre la stessa musica. Ottava e Settima sono creature fragili. La prima si fonda sull’ambiguità di un umorismo sottile, che gioca con la leggerezza. La seconda è ritmica, ma non percussiva. Thielemann invece, inseguendo il suo teorema pangermanico, le appesantisce tutte e due. Gatti al contrario centra lo stile beethoveniano, pur senza rimanervi impigliato: fa riferimento a un’altra retorica, e rende diversamente “parlante” – con improvvisi accelerazioni e ravvedimenti – ogni movimento, ogni frase, ogni inciso, ogni “stile”, pur collocandolo in un arco di tensione sempre proiettato in avanti. La stessa tensione quasi “espressionista” con cui dirige Metamorphosen di Strauss, rinnovando una tradizione interpretativa che lo vuole meditazione funebre sulle macerie della guerra. Thielemann e Gatti, due grandi direttori con una tecnica direttoriale superlativa. Ma Dresda avrà bisogno come il pane dello stesso rinnovamento che Berlino ha vissuto, e ormai digerito, da Abbado in poi.
Andrea Estero

 

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