Handel – partenope

Handel - partenope

interpreti I. Dam-Jensen, A. Scholl, C. Dumaux, T. Semmingsen, B. K. Jensen
direttore Lars Ulrik Mortensen
orchestra Concerto Copenhagen
regia Francisco Negrin
regia video Uffe Borgwardt
formato 16:9
sottotitoli It., Ing., Fr., Ted., Sp.
2 dvd Decca 0743348

La storia di Partenope regina di Napoli corteggiata da quattro principotti bellimbusti tra i quali si barcamena con arte sopraffina (c’è Arsace, che lei preferisce ma che per lei ha lasciato Rosmira la quale l’ha inseguito e, onde poter restare anche lei in quelle stanze, s’è vestita              da uomo e corteggia la padrona di casa; c’è il languido timidone Amindo; e c’è Emilio, battagliero principe di Cuma che vuole tanto la donna quanto il di lei regno), è la stessa della Rosmira fedele di Vivaldi di recente emersa anch’esso dall’oblio: ma, senza voler far troppo torto al Prete Rosso, Händel musicalmente la vince mentre neppure c’è gara sul piano teatrale. La si conosceva, quest’opera, attraverso le registrazioni di Kuijken e di Curnyn (costui l’ha di recente portata in scena al Coliseum di Londra in uno strepitoso spettacolo di Christopher Alden, il non meno talentuoso gemello di David): vi s’affianca adesso questo video, con la forza d’uno spettacolo a mio avviso tra i massimi mai raggiunti dal recente repertorio barocco.
Ancora una volta, Händel si dimostra instancabile sperimentatore di drammaturgie innovative o comunque ricche di possibilità al di fuori dei più consolidati schemi. Qui, difatti, s’avventura sul terreno della commedia, caratterizzata da una licenziosità tutta a fior di pelle, punteggiata sia da oasi di pungente melanconia sia da azzeccatissime frecciate satiriche: contraltare pertanto perfetto dei lavori più riusciti di William Congreve (Amore per amore; ancor di più Così va il mondo), coi quali condivise – stupirebbe il contrario – l’avversione riservata loro dalla bigotta borghesia emergente, antesignana, e per ragioni abbastanza analoghe, del puritanesimo vittoriano.
A queste premesse, Negrin reagisce in maniera conseguente. Lascia del tutto perdere pepli corazze spade e cimieri, proprio come aveva in mente Händel che parlava di Dei ed eroi intendendo i riconoscibilissimi aristocratici inglesi: e imposta la propria regia su un’intelligente, fantasiosissima rivisitazione della migliore sophisticated comedy hollywoodiana. Un po’ di Lubitsch nell’impianto assai chic; molto di Hawks nel ritmo narrativo; moltissimo di Wilder nell’acre vetriolo ironico che sprizza per ogni dove: il tutto, attraverso una recitazione che definire sublime non è far dell’iperbole bensì registrare semplicemente un fatto. Tuva Semmingsen, nei finti panni mascolini di Eurimene, sembra la Katharine Hepburn di Il diavolo è femmina; il controtenore Andreas Scholl fa il fatuo debosciato meglio di Cary Grant al suo meglio nelle innumerevoli pellicole basate sullo scontro dei sessi, quelle di Cukor in testa; l’altro controtenore, Christophe Dumaux, ricalca con humour impagabile il Jimmy Stewart di Scandalo a Filadelfia; Bo Jensen è il macho un po’ calcolatore e parecchio tontolone che in giochi del genere perde sempre e tutti ne sono lieti; e la protagonista Inger Dam-Jensen guarda agli esempi supremi della Rosalind Russell di La ragazza venerdì e della Jean Harlow di Argento vivo, uscendo con tutti gli onori da simile arduo cimento.
Direzione spigliatissima al pari della regia, e canto che farà sicuramente imbufalire i custodi del cimitero degli elefanti in crisi d’astinenza da flabelli e pennacchi per la parte scenica, e da trilli, messe di voce, cavate fantasmagoriche delle dive d’antan per quella vocale: qui la fusione tra i due aspetti avviene al contrario, ovvero voci piccole, timbri di bellezza normale, tecniche buone ma non certo trascendentali, al servizio però dell’alchimia teatrale che il vile piombo vocale muta nell’oro del grande artista della parola in musica musicalissimamente padroneggiata, fusa col gesto del grande attore. Per me, questo è teatro ad alto livello. Piaccia o no (a me mi piace) l’opera è – oggi – sempre più teatro in musica. Per coloro che la pensino così, questo video è un must, e magari ci fosse anche quello di Alden, ambientato nella Parigi Dada di Coco Chanel e di Nancy Cunard, fotografate da Man Ray nei panni di Emilio! Gli altri, fuggano a gambe levate a far compagnia alle cariatidi custodi del fonografo a tromba e per le quali il teatro è orrida blasfemia.
Elvio Giudici


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