Handel – Rodelinda

Handel - Rodelinda

interpreti R. Fleming, A. Scholl, J. Kaiser, S. Blythe, Shenyang, I. Davies
direttore Harry Bicket
orchestra del teatro Metropolitan
regia Stephen Wadsworth
regia video Matthew Diamond
formato 16:9
sottotitoli It., Ing., Fr., Ted., Sp.
2 dvd Decca 0743469

Passare dalla Dessay alla Fleming è un’autentica doccia scozzese, un po’ come passare da Katharine Hepburn a Valeria Marini. L’intelligenza al calor bianco che sprizza da un corpo minutino ma tutto argento vivo, e che fa del tutto dimenticare i segni lasciati dall’età, che comunque nessun trucco di cerone cerca di celare, a fronte d’una carnosa Gran Diva molto posata, moltissimo conscia del suo status e ancor più tesa a nascondere le invece evidenti tracce d’un lifting vocale tanto pesante quanto inefficace. Sempre sontuosa la linea vocale, ma molto meno d’un tempo; sempre ricca di vibrazioni, ma con più d’un sospetto di degenerazione verso il vibrato vero e proprio; sempre inintelligibile la pronuncia, circoscritta a un paio di vocali con qualche consonante inserita quinci e quivi e debitamente sottolineata a mo’ di specchietto per le allodole; il fraseggio è una sorta di Gran Bollito dove cuoce molto Strauss, un po’ di Puccini, una spruzzata di verismo in salsa verdiana, e dove Händel fa solo sporadicamente capolino entro una miniera di luoghi comuni, col colpo di grazia d’un ventaglio di variazioni tutte pessime, ma tutte in posa chic davanti all’obiettivo d’una rivista patinata. Noiosa come la pioggia.
Scholl denuncia anche lui il passare del tempo (lontano, molto lontano, il Bertarido del ’98 a Glyndebourne. E a questo proposito: ah, la Rodelinda dell’Antonacci…), ma la classe e la consapevolezza stilistica sono quelle di sempre, e pagano alti dividendi espressivi a fronte di qualche pegno vocale. Joseph Kaiser pigola al centro e stride in alto, componendo un Grimoaldo che la sua anima nera ha scolorito nella varechina della noia. Stephanie Blythe ha voce sontuosa al pari dell’opima presenza scenica, ma come accento viaggia parecchio a senso unico. Migliore di tutti, in campo tanto espressivo quanto vocale, l’Unulfo controtenorile di Iestyn Davies, parte però troppo corta per ribaltare la situazione. Aggravata da uno spettacolo oleografico, un po’ Zeffirelli nel passeggiare di tutti con grazia portando a spasso i propri abbigliamenti napoleonici, un po’ musical nei fondali paesaggistici buoni per qualsivoglia uso, tutto uno stare e un atteggiarsi sempre in posa come davanti all’obiettivo. Dal podio, Bicket guida con competenza molta ma convinzione espressiva poca o punta.
Elvio Giudici


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