Mozart – Don Giovanni

[interpreti] J. Weisser, M. Fink, A. Pendatchanska, M. Byström, W. Güra, S. Im, A. Guerzoni
[direttore] René Jacobs
[orchestra] Freiburger Barockorchester
[regia] Vincent Boussard
[regia video] Nayo Titzin
[formato] 16:9
[sottotitoli] It., Ing., Fr., Ted., Sp.
[2 dvd] Harmonia Mundi 9909013.14

Scena fissa: un emiciclo ligneo sul fondo con tre aperture sghembe (due porte di altezza diversa, una finestra) rese ancor più tali dalla curvatura, e con lo spessore posto in evidenza dalle luci di taglio, che lavorano sulla superficie biancastra traendone sfumature sempre diverse ma con predilezione per i toni dell’azzurro, a creare un suggestivo ibrido tra espressionismo e surrealismo alla Magritte; emiciclo che può ruotare mostrandosi così di retro, impartendo a molte scene (serenata, sestetto, cimitero) un sapore da “dietro lo specchio”; nessun oggetto scenico; sipario rosso molto leggero, di fatto un velo semitrasparente, a entrare nella narrazione come oggetto di scena, massime nel finale dove il suo ampio gonfiarsi invano trattenuto da Leporello è teatralissima metafora del turbinare di fuoco che avvolge Giovanni al termine del suo colloquio con un Commendatore suggestivamente ritto in platea. Il teatro, insomma, sempre orgogliosamente in primo piano, costruito attraverso un succedersi ininterrotto di idee in apparenza piccole, capaci però (inserite come sono nella logica sempre fluida d’uno svolgimento narrativo adesso come guanto di lattice a quello musicale) di porre in ogni momento al centro i singoli personaggi, esaustivi dell’intero gioco scenico e via via delineati man mano che un particolare si somma al precedente. Niente spagnolerie, insomma, niente palazzi, scalinate, pizzi trine e falpalà, come pure assente è ogni Konzept di stravolgente modernariato. Teatro, solo teatro: e teatro musicale, giacché la simbiosi tra orchestra e scena è di quelle che fanno storia a sé.

L’Harmonia Mundi ha pubblicato tempo fa in cd la strepitosa direzione di Jacobs, e ne ho già diffusamente parlato. Tempi, dinamiche, organico, concertazione e relativo tipo di suono si confermano personalissimi, con recitativi miniati sulla sillaba, accompagnati con strepitosa inventiva (ivi comprese talune estemporanee fioriture alle fermate, tanto vocali quanto strumentali, con effetto sovente bellissimo) nella creazione di un’atmosfera punto romantica bensì conclusiva della grande estetica barocca. Spettacolo a mio avviso bellissimo: degno contraltare d’una delle direzioni più innovative, acute e significative che della partitura mozartiana (edizione di Praga) si siano mai date.

Un solo problema, ma non di poco conto. Va bene puntare alla gioventù quasi adolescenziale di Giovanni: però la singolare anonimità fisica e soprattutto carismatica di Johannes Weisser (sommata a una dizione che rispetto all’incisione di studio è molto più allergica alle doppie, e in generale a rendere sonore e “cantate” le consonanti) d’un protagonista che viceversa dovrebbe assolutamente avere l’uno e l’altro, ne sfoca parecchio la fisionomia drammatica. L’anagrafe da sola, insomma, non basta: suggerisce un non so che d’indifeso ma neppure declinato in chiave di cucciolotto ispiratore di protezione femminile, bensì proprio di uno che sta lì e amen. Fa rabbia, immaginarsi cosa avrebbero potuto fare un Alex Esposito o un Luca Pisaroni inseriti in siffatto spettacolo e con siffatta orchestra sotto: come dispiace assai che il magnifico Leporello discografico di Lorenzo Regazzo sia qui sostituito da un Marcos Fink vocalmente e linguisticamente impari. Cospicuo vantaggio, invece, la presenza di Werner Güra il cui Ottavio surclassa quello di Kenneth Tarver, così come grande atout è Malin Byström (che oltre ad essere bellissima canta e recita assai bene: e sì che credo sia una sostituta, giacché nel bonus compare in prova un’altra Anna, vocalmente peraltro ben peggio), laddove Alexandrina Pendatchanska si conferma Elvira eccellente e Sunhae Im una Zerlina deliziosa. Ottimi il Masetto adolescente di Nikolay Borchev e il Commendatore dolente, melanconico di Alessandro Guerzoni, che nel finale impartisce a Leporello e Giovanni cosa significhi, musicalmente, articolare alla perfezione i singoli fonemi delle parole italiane.

Elvio Giudici


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299 Aprile 2024
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