Mozart – Il flauto magico

interpreti B. Richter, J. Kleiter, M. Werba, G. Zeppenfeld,
 M. Fredrich, R. Schasching, E. Schwarz, M. Gantner
direttore Nikolaus Harnoncourt
orchestra Concentus Musicus Wien
regia Jens-Daniel Herzog
regia video Felix Breisach
formato 16:9
sottotitoli Ing., Fr., Ted., Sp., Cin.,Cor.
BluRay Sony 88843005739

 

Il-flauto-magico

Sei anni dopo la precedente videoregistrazione Dg con la regia di Kusej, la direzione di Harnoncourt resta sostanzialmente la stessa (suonata però meglio dal suo Concentus Musicus, che come primo violino schiera ancora sua moglie Alice, ottantuno anni molto ben portati; senza contare quanto migliore sembri comunque la musica, priva d’una controparte visiva quale lo squallore miserabilista di Kušej), con le sue molte ombre e poche luci immerse entrambe in una lentezza quasi sacrale che drena la vivacità teatrale in un lago stagnante coperto dalla classica nebbiolina di noia che non riesce a rischiararsi al pensiero di aver comunque davanti una delle figure più interessanti e acute del mondo musicale moderno.
Non miserabilista ma neppure gran regia, questa del direttore dell’Opera di Dortmund, Jens-Daniel Herzog (lontane, molto lontane sono l’ironia e la leggerezza affabulatoria del suo Orlando zurighese). Frenetico e labirintico alternarsi di ambienti la cui struttura riecheggia gli archi della grande parete tufacea della Felsenreitschule, entro i quali passano oggetti anni Cinquanta: camioncino di Papageno pieno di gabbiette; l’aula scolastica tenuta in stretta disciplina da Monostatos; club esclusivo d’intellettuali si suppone medici – hanno tutti camici bianchi – che hanno Sarastro come loro presidente e detentore sul petto d’un grande talismano che s’illumina a intermittenza; set cinematografici dove si girano film dell’orrore e di sci-fi (uno di essi racconta le due prove iniziatiche). Tutti questi ambienti posti a scandire un viaggio di conoscenza rientrano nell’impianto di base che contrappone il mondo di lussuria e consumismo d’una Regina un po’ ninfomane a quello scientifico e razionale di Sarastro un po’ cataplasmico e nel quale pare non ci sia posto per la spensierata gioventù: e alla fine, i due capi dei due mondi opposti restano lì a cercare di strangolarsi a vicenda mentre le due coppie di giovani non li guardano neppure. Il tutto, però, “mostrato” assai più che “agito”: onde la noia, non certo fugata dall’ascolto, cresce esponenzialmente con l’avanzare lentissimo dello spettacolo. Che non è troppo ben cantato.
Migliore d’intere spanne il Papageno di Werba: canta benissimo e in scena porta un argento vivo che ha il solo – ma grave – torto di essere unico, quindi di rischiare d’apparire sopra le righe mentre è soltanto vivo. Zeppenfeld ha una voce ampia e sonora, ma accento piatto come una tavola. La Regina urlacchia e ha la tendenza oltremodo fastidiosa d’essere d’intonazione crescente. I ragazzi (che poi sono vecchietti: idea che non mi piace proprio per niente) sono bravi, le Dame no, Monostato è atrocissimo, ma soprattutto sono tanto, tanto noiosi i due giovani: cantano benino, sono carini, non sanno granché recitare (né pare sappiano insegnarglielo), di accento ne esibiscono pochino e insomma è tutto un diminutivo. 
Elvio Giudici


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299 Aprile 2024
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