Schubert – Britten – Winterreise – Folk songs

[tenore] Peter Pears [pianista] Benjamin Britten [regia video] Humphrey Burton [Formato] 4:3 [Sottotitoli] nessuno [dvd] Decca 074 3257

Altro tesoro sepolto negli archivi della Bbc che torna alla luce con una rimasterizzazione che ne accresce le già ottime qualità tecniche. Il ciclo schubertiano è stato registrato nel 1970 al Maltings Concert Hall di Snape, luogo prediletto di Britten che ne aveva patrocinato e sovrinteso la ristrutturazione da fabbrica di birra ad auditorium: posteriore quindi di cinque anni alla celebre incisione Decca solo audio, da sempre ritenuta – con ragione – pietra miliare nella storia interpretativa di questo capolavoro. Rispetto alla quale, qui abbiamo una minore accentuazione dei contrasti espressivi e una minore sottolineatura dei più minuti dettagli della scrittura tanto pianistica quanto vocale, in favore d’una tinta più scopertamente drammatica sciolta in cantabilità più distesa, con uno straordinario rilievo descrittivo – e quindi molto più emotivo – nei confronti delle cose animate e inanimate che il Viandante incontra.

Un Viandante tuttavia elegantissimo nel suo spolverino da viaggio e cappello ottocenteschi, immobile nella persona ma non nel viso dagli impercettibili, continui trasalimenti mimici, ritto contro uno sfondo di materiale indefinibile: sorta di conglomerato di pietre dure dai cangianti riflessi, che si prolunga in basso divenendo selciato ondulato su cui più fitta cade l’ombra. Tutta l’esecuzione – vocale e pianistica, allacciate come solo raramente è dato ascoltare – s’impronta a un che d’aristocratico, che scansa ogni più remota connessione col romanticismo visionario alla Caspar Friedrich le cui tele non per caso sono scelte spesso come illustrazione dei booklet d’accompagnamento: è un romanticismo esclusivamente mentale, raziocinante, dove ogni particolare descrittivo ha un’implicazione psicologica. Il meraviglioso legato che all’immobilità esteriore della ‘immagine ghiacciata’ conferisce una sotterranea tensione, come un’irresistibile corrente interna; la solennità austera, scabra in cui appena stormisce ‘il tiglio’; quei decrescendo miracolosi che increspano l’apparente semplicità descrittiva della ‘locanda’ (e Schubert è maestro nel nascondere i grovigli più complessi entro una scrittura sublimemente semplice); l’immobilità allucinata in cui sbatte le ali ‘la cornacchia’; il rifiuto d’ogni metafisica allucinazione nel confronto finale col misterioso ‘suonatore d’organetto’, affrontato invece con provocatoria baldanza, quasi a farcene vedere l’invisibile falce che porta in mano e che tuttavia non si teme anzi si desidera.

Esecuzione superba, insomma: che il viso mobilissimo di Pears accompagna registrando meglio d’un oscillogramma ogni sussulto emotivo, ogni tocco del pianoforte, ogni implicazione psicologica. Un capolavoro. Che avrebbe meritato (al pari delle squisite miniature folcloristiche che Britten e Pears hanno frequentato per tutta la vita, e qui vediamo – in bianco e nero – eseguite davanti a un piccolo pubblico televisivo) quei sottotitoli che del dvd – sarebbe bello lo capissero, i discografici che rischiano di commettere gli stessi errori di quando nacque il 33 giri – costituiscono vantaggio incalcolabile.

Elvio Giudici


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299 Aprile 2024
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