Strauss – Capriccio

interpreti R. Fleming, A. Kirchschlager, M. Schade, B. Skovhus, M. Eiche, K. Rydl
direttore Christoph Eschenbach
orchestra Staatsoper di Vienna
regia Marco Arturo Marelli
regia video Brian Large
formato 16:9
sottotitoli Ing., Fr., Ted., Sp., Cin.,Cor.,Giap.
dvd C-Major 715908
prezzo € 39,20

Strauss-Capriccio

Renée Fleming sembra aver posto una sorta d’esclusiva su questa Contessa: dopo il capolavoro parigino con Carsen, altri due video fissano un’interpretazione sostanzialmene sovrapponibile una all’altra e nessuna delle quali – quantunque cantata bene – comparabili allo splendore vocale della prima. Circa poi la parte visiva, ogni confronto sarebbe una facezia.
Lo spettacolo di Cox è suppergiù sovrapponibile a quello di Lawless, quantunque lo faccia sembrare assai più interessante la molto maggiore sapienza di Halvorson nel riprenderlo e nell’organizzarne le immagini in un flusso di rara eleganza e fludità narrativa. Se la Fleming avrebbe forse dovuto evitare un paragone invincibile con la se stessa parigina (non perché canti male, ma perché la portentosa regia di Carsen le estorceva spontaneamente sia un gioco d’accenti di tutt’altra levatura, sia una sapienza di recitazione qui sostituita da una buona ma generica professionalità: che non è la stessa cosa, e si vede), resta senz’altro evidente come sia soltanto la sua presenza e il suo incontestabile status di Star ad aver reso possibile l’intera operazione. Il resto del cast è invece nettamente al di sotto: e la direzione di Davis, se non è brutta, neppure è particolarmente suggestiva o men che mai rivelatrice.
Se solo inutile è il video del Met, quello viennese è invece proprio brutto. Intanto, l’anemica, morchiosa, plantigrada, insomma pessima direzione, vanifica il vantaggio costituito dall’avere a disposizione la sontuosità (un filo esagerata, peraltro; il cincischio affiora spesso e talora dilaga proprio) dei Filarmonici viennesi. Poi, la Fleming, priva d’alcuna valida indicazione scenica o direttoriale, fa vetrina: mettendo in mostra il suo timbro sempre splendido ma un po’ appesantito, il fraseggio proprio di chi una parte la conosce anche capovolta ma, non avendo niente di nuovo da dire, lo ribadisce con puntiglioso manierismo e dopo un po’, per dirla tutta, annoia a morte. Gli altri formano una compagnia in massima parte senile, ciascuno cantando come può (e se Rydl in pratica adesso parla, Schade e Skovhus rendono il sublime canto di conversazione di quest’opera una rimpatriata di scalmanati e sentenziosi vecchietti tra i quali compare una Clairon intenzionata a fare la gran Diva senza minimamente averne l’allure), e recitando alla liberi tutti entro uno spettacolo inesistente: Olivier e Flamand costretti a mutar d’abito in continuazione tra Settecento e Novecento senza che si capisca bene perché; macchinisti portano e tolgono specchiere con fare finto disinvolto, stile trasloco; grande impiego del girevole e scialo di luce azzurrina che superfici di plexiglass rendono ghiacciata. Un video che costituisce rischio gravissimo, insomma: chi per avventura voglia conoscere Capriccio solo attraverso questo spettacolo, rischia di tacciare di mortalmente noiosa un’opera che non lo è affatto.
Elvio Giudici

 

 

 


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299 Aprile 2024
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