Chailly: il mio Don Carlo è spettrale

E La Scala si prepara al 7 dicembre con incassi 2022 record

Dopo i primi quattro posti occupati dall’Arena (Aida, Carmen, Nabucco e Traviata), il singolo spettacolo d’opera che ha incassato di più nel 2022 è stato per la Siae il Boris Godunov d’inaugurazione 2022-23 (il che stupisce poco, considerati i prezzi della serata di Sant’Ambrogio): un buon auspicio per il Don Carlo scelto per aprire la stagione 2023-24, con Riccardo Chailly sul podio e Lluis Pasqual alla regia (appuntamento, come da tradizione, il 7 dicembre alle 18, in diretta su Rai Uno e Radio 3). Dopo aver ripercorso lo sviluppo degli anni “di galera” di Verdi con le inaugurazioni dedicate a Giovanna d’Arco, Attila e Macbeth, Riccardo Chailly torna così a un capolavoro della maturità, di cui aveva consegnato al video una memorabile edizione ad Amsterdam alcuni anni fa (ma con la regia di Willy Decker).  Il dramma politico schilleriano composto per Parigi nel 1867 e riadattato per la Scala da Verdi storicamente è stato un appuntamento immancabile per i direttori scaligeri, da Tullio Serafin ad Arturo Toscanini e Riccardo Muti. Claudio Abbado, lo diresse addirittura due volte per il 7 dicembre, nel 1968 e 1977. “Ricordo di aver seguito il Don Carlo diretto da Abbado nel 1968”, dichiara Chailly. “Come fece Abbado, nella scena di Filippo II – ‘Ella giammai m’amò’ – non ci sarà il violoncello solo, ma tutta la fila dei violoncelli. Nel materiale d’orchestra d’autore, infatti, non c’è traccia di indicazioni contrarie: il ‘solo’ non è originale”, ribadisce il direttore. “L’orchestrazione del Don Carlo? La dominante timbrica di questa partirura passa dal fasto all’oppressione della corte spagnola. C’è il colore locale, spagnolesco, ma c’è anche la ricerca di un colore scuro, spettrale, molto nuova”, racconta il direttore. “Don Carlo è di fatto un recitativo continuo, ed è un’opera di dialoghi, a due, tre, quattro o cinque. Oppure di monologhi e introspezioni. Tutto legato in un flusso continuo”, anticipa Chailly. Per la nuova produzione torna alla Scala Lluís Pasqual, che dall’esperienza dal Teatre Llure di Barcellona agli anni con Strehler al Piccolo e all’Odéon di Parigi ha fatto della riflessione sul Barocco una costante della sua attività.  Con Chailly, del resto, aveva già collaborato più volte al Comunale di Bologna e ad Amsterdam. Alle prove con Pasqual ci sono state scintille: “Avrei voluto inserire alcune scene di balletto originali, come lo stesso musicologo Julian Budden aveva suggerito. Ma con il regista non abbiamo trovato un accordo su come realizzare questo inserto. Prima di arrivare alle mani (ridendo, ndr) ho deciso di rinunciare”, confessa il maestro.  Nelle sette recite che seguiranno la prima (salvo clamorosa conferma dello sciopero annunciato per ogni prima dai lavoratori del comparto) si ascolteranno Francesco Meli (Don Carlo), René Pape (Filippo II), Luca Salsi (Rodrigo), Anna Netrebko e Maria José Siri alternate nel ruolo di Elisabetta, Elina Garança e Ekaterina Semenchuk in quello di Eboli. Ma il primato di spettatori, a sorpresa, la Scala se lo è guadagnato con i più piccoli. Nel 2022 il Piccolo Principe dedicato alle nuove generazioni (al costo simbolico di 1 per gli under 18) ha avuto come risultato 26.311 spettatori, esito di gran lunga superiore alle opere più blasonate. È stato proprio questo titolo, subito dietro gli irraggiungibili blockbuster areniani, lo spettacolo più visto in un teatro d’opera italiano nel 2022.


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299 Aprile 2024
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