Bacalov – Y Borges cuenta que…

SIENA 

[interprete] R. Abbondanza
[ballerini] I. Truol, D. Sportelli
[bandoneon] Juan José Mosalini
[direttore] Luis Bacalov
[regia] Giorgio Barberio Corsetti
[coreografie] Anna Paola Bacalov, Alex Cantarelli

Fra i fiori all’occhiello che le Settimane Senesi, ormai da decenni, esibiscono, c’è l’attenzione alla musica contemporanea: in questa 65ª edizione, oltre al ritratto di Peter Maxwell Davies, in cui figurava una nuovissima Sonata dedicata a quell’eccellente violoncellista che è Vittorio Ceccanti, il maggiore interesse l’ha offerto il lavoro commissionato dalla Chigiana al russo-argentino Luis Bacalov, musicista noto anche al gran pubblico per le sue estrose colonne sonore per Fellini, Pasolini, Lattuada, Rosi, Wertmüller. Si tratta di un’opera sui generis, l’atto unico Y Borges cuenta que…, un vero opéra-ballet in cui l’elemento tango la fa da padrone, realizzando con rutilanti e nervose coreografie, firmate da Anna Paola Bacalov e Alex Cantarelli, i momenti più tesi e tragici della storia: di strepitosa bravura la compagnia, soprattutto i due protagonisti maschili Ivan Truol e Davide Sportelli, in cui l’atletismo virtuosistico si sposa a una grazia e un’espressività trascinanti. A raccontare una crudelissima storia di amore e morte di una povera fanciulla cui viene ucciso il padre e che, per errore, farà morire anche il suo uomo (gli spunti narrativi sono tratti da racconti di Jorge Luís Borges, il cieco che si aggira sulla scena come voce recitante), Bacalov ha chiamato a raccolta tutti i codici linguistici della musica del Novecento, da Prokofiev, Bartók a Shostakovic per disegnare, fin dall’ouverture, un fondale limaccioso, oppressivo, su cui s’innestano le pennellate “ambientali” del bandoneon Juan José Mosalini e canti di immediata godibilità: vere e proprie fascinose canzoni di sapore sudamericano (affidate a un ottimo Roberto Abbondanza) in cui si espande una malinconia profonda e disincantata, o dolenti duetti, come il bel lamento che accompagna la pena di Ester per la morte del padre. Il tango, dicevamo, la fa da padrone, con pagine di grande vitalismo, efficacia e varietà espressiva (il tango, si sa, non è un ballo “allegro”), forse con qualche eccesso di spazio che può compromettere la tensione drammaturgica nella successione delle scene; ma il favore che è toccato all’opera di Bacalov è stato davvero fuori dalla norma: due serate con un teatro stracolmo, come se si trattasse di una Traviata, applausi a scena aperta e autentico trionfo finale per l’autore, il regista Barberio Corsetti, il light designer Gianluca Cappelletti, lo scenografo e costumista Cristian Taraborelli. Positiva ancora la risposta del pubblico (ma sparuto: di sabato sera, in estate…) alla première italiana del primo lavoro di Kurt Weill, Die Zaubernacht, un balletto per l’infanzia che rivela già una mano sicura (grazie alla scuola di Busoni, Hindemith, Humperdinck) anche se non ha ancora compiuto la scelta in favore della canzone da cabaret (la voce è presente in un solo Lied). Una scrittura tutta tesa a sottolineare i numerosissimi episodi di questa magica notte in cui si animano, come nell’Enfant et les sortilèges, i balocchi e i libri del bambino; ma la coreografia, affidata a soli cinque mimi/danzatori, ha ripensato in toto la storia originale, facendo così sfuggire tanti dei segnali gestuali, i commenti all’azione che la partitura contiene. Estrosa la compagnia di Milan Sladek, in una scenografia di un infantilismo un po’ rétro; eccellente l’esecuzione musicale dell’Ensemble Contrasts di Colonia diretta da Celso Antunes.

Cesare Orselli


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298 Marzo 2024
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