Humperdinck – Hansel and Gretel

Humperdinck - Hansel and Gretel

[interpreti] C. Schäfer, A. Coote, P. Langridge, R. Plowright, A. Held
[direttore] Vladimir Jurowski
[orchestra] teatro Metropolitan 
[regia] Richard Jones
[regia video] Barbara Willis Sweete
[Formato] 16:9
[Sottotitoli] It., Ing., Fr., Ted., Sp.
[1 dvd] Emi 50999206308-9
 

 “And” anziché “und” perché è una versione inglese: scelta condivisibile giacché i versi originali non sono quel che si dice alati, e in questo modo gli spettatori del Met seguono meglio divertendosi di più, e il testo risulta migliorato nella traduzione ritmica di David Pountney, che oltre a grande regista è evidentemente anche un fine musicista-letterato. Spettatori fortunati: Richard Jones è tra i più acuti e fantasiosi uomini di teatro odierni, e monta uno spettacolo dove radicalmente espunta è ogni caccola melensa sempre in agguato in quest’opera. L’idea portante è quella del cibo, della sua mancanza e quindi della necessità di procurarselo in ogni modo: svolta attraverso moduli realistici alternati al loro esatto contrario. 
Quindi i tre atti sono altrettante cucine: squallida e spoglia quella dell’intrecciatore di saggina per scope; cucina di ristorante uscita da una surreale tela di Magritte, immersa in tenebrori verdastri e popolata d’inservienti con teste d’albero, i quattordici angeli divenuti altrettanti chef premurosi; cucina industriale di cibi precotti, molto hi-tech e moltissimo fornita, presieduta da una capocuoca che somiglia molto a Margaret Rutherford nei film della Miss Marple di Agatha Christie ed è invece Philip Langridge, attore più sublime che mai, fraseggiatore eccelso, ogni parola un tic, un colore, un’inflessione, un Oscar solo sarebbe poco. Brave anche Alice Coote, che come Sesto è un po’ in affanno ma per Hänsel è perfetta; e Christine Schäfer, che col fraseggio e la recitazione si fa perdonare un inglese per il quale il Prof. Higgins dovrebbe fare gli straordinari; genitori anch’essi eccellenti, specie Rosalind Plowright che come mezzo sta trovando una seconda giovinezza e compone un memorabile ritratto di donna ancora bella, sciatta per la miseria e rabbiosa perché non l’accetta. Sul podio, Vladimir Jurowski innesta con favolosa souplesse un ritmo rossiniano su d’una maestosità d’impianto wagneriana, lavorando di colori e di dinamica in perfetta simbiosi col palcoscenico, dove accompagna il canto da padreterno.
Elvio Giudici

 


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299 Aprile 2024
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