interpreti A. Schager, E. Garanča, D. Welton, G. Zeppenfeld, J. Shanahan, T. Kehrer direttore Pablo Heras-Casado orchestra del festival di Bayreuth regia Jay Scheib 2 dvd Dg 0044007365250
Ha fatto moltissimo parlare, questa produzione. Si sperimentava la “realtà aumentata”, ovvero immagini cinematografiche che fluttuavano davanti agli occhi degli spettatori (però solo 330 su 1900, ragioni di costo) muniti di appositi occhiali: a quanto raccontato, girando la testa, la platea era sostituita da altre immagini, sicché ogni spettatore vedeva qualcosa di diverso dagli altri. Bello? Non ho idea. Riferibile al Parsifal? Forse, se si apprezza un Parsifal da cinema. A me fa venire in mente certi antichi esperimenti come l’esecuzione in concerto del Poema dell’estasi di Scriabin con immagini varie che scorrevano su di uno schermo dietro l’orchestra, intese a tradurre in colori i suoni: e ricordo il tranciante giudizio – sul genere del classico “ma va là” – dato al riguardo da Bruno Walter. Venendo al presente dvd, questo mostra “solo” quel che vedevano i poveri, ovvero quei 1570 spettatori che non avevano pagato gli ottanta euro aggiuntivi per munirsi dei magici occhiali: e tale mostrato non è un granché.
L’idea mi pare essere quella di rappresentare una landa post-apocalittica che cerca di dar continuità ai vecchi archetipi di fede, partenenza, perdono. Solito schermo in fondo che presenta primi piani dei personaggi: Gurnemanz è molto stile shamano e compare con compagna a fianco (che non è Kundry), i faccendieri del Gral indossano orrendi costumi con colombe disegnate sopra; c’è un monolito stile 2001 Odissea nello spazio immerso in una pozza d’acqua, da cui sortono raggi Led al momento del rito; i ricchi occhialmuniti pare vedessero stormi di cigni in volo e la freccia di Parsifal che ne colpisce uno, mentre i poveri vedono il solito cignone insanguinato e Parsifal dinoccolato e strafottente in jeans e sneakers (e non per fare body shaming, ma Schager è un po’ troppo anzianotto).
Nel second’atto, fanciulle fiore uscite dritte da un negozio di Barbie, e Klingsor con copricapo a corna che sarebbe piaciuto al Trump per assalire un Campidoglio; Kundry fa la seduttrice spogliandosi e restando in sottoveste (ma qui invece oh yes, la Garanča può sovranamente permetterselo); c’è un corpo sdraiato, e Parsifal ci cava un cuore che butta nell’acqua, ma nulla ci vien spiegato al riguardo, al solito dobbiamo pensarci noi; fiamme a volontà per distruggere il castello del peccato, molto stile film fantasy. Terz’atto con gran macchinario in terra desolata da cui emerge Gurnemanz, suggerendo l’idea che metalli rari siano la nuova speranza per l’umanità; il Gral sorge dall’acqua come un grande occhio spalancato; happy end finale con le coppie Parsifal- Kundry e Gurnemanz-compagna, ma cosa motiva tale happy ce lo dobbiamo mettere noi, la regia ci comunica solo l’end. Parere squisitamente personale: mi è piaciuto niente. Parte musicale invece niente male. Schager è il maggior tenore wagneriano del momento, e canta molto bene, pur accentando alquanto svogliatamente (ma lo si può capire).
La presenza più rilevante è Elina Garanča, bellissima e bravissima. Zeppenfeld è una sicurezza, l’Amfortas di Derek Welton grida molto e molto monotonamente la sua sofferenza, il coro è splendido. Heras-Casado (debuttante nell’insidiosissima acustica della sala, mostra di averla capita perfettamente: chapeau, si sono rotte le corna in tanti) privilegia un passo narrativo spedito, ricchezza di coloriti tersi e luminosi, con un’evidente cura per il particolare che rasenta dappresso il calligrafico ma comunque non annoia mai: il che, in questo banale, risaputissimo, assai noioso gioco a quiz (evidentemente messo lì come riempitivo per i poveri senza occhiali che almeno si divertivano al cinema), è merito non da poco.
Elvio Giudici