Beethoven – Sonate op.109, 110, 111

pianoforte Maria Perrotta
cd Decca 4810575
prezzo € 10,40

 

perrotta

Registrate nell’aula magna dell’Università Bocconi di Milano durante il concerto pubblico del 26  febbraio dello scorso anno, queste tre ultime sonate di Beethoven rappresentano per Maria Perrotta un biglietto da visita molto impegnativo e allo stesso tempo un traguardo di valore indiscutibile. Al giorno d’oggi a un interprete che si pone di fronte ai classici vengono richieste molteplici doti: la  proposta di una lettura ricca di elementi nuovi e interessanti, una conoscenza approfondita della tradizione, un sincero coinvolgimento personale e una apprezzabile capacità di comunicazione verso il pubblico, per tacere di tutte quelle qualità esecutive più legate alla natura dello strumento.
La sommatoria di tutti questi elementi è occorrenza ovviamente assai rara. In queste letture beethoveniane Maria Perrotta mostra di possedere una buona parte di questi requisiti: un suono ricco, pieno, morbido e mai esageratamente percussivo, un fraseggio per quanto possibile libero, una innata tendenza alla cantabilità. L’accentuazione del risvolto cantabile tende inevitabilmente a spostare un poco in avanti la datazione delle tre sonate, nel contesto di un Romanticismo ormai affermato. D’altro canto l’elemento contrappuntistico presente soprattutto nelle variazioni della 109 e nell’ultima parte della 110 è reso con grande precisione, frutto di una frequentazione approfondita del Barocco (la Perrotta ha in precedenza inciso con successo le Variazioni Goldberg) e tende quindi a retrodatare il discorso. Questi elementi non si miscelano completamente e danno luogo a una curiosa fluttuazione temporale che può assumere un fascino del tutto particolare. La realizzazione della 111 è un poco meno convincente, con la tendenza ad allargare troppo le dimensioni dell’Arietta perdendo il controllo del percorso narrativo, ma si tratta di un dettaglio che può anche dipendere dalla serata o da altre cause imponderabili. Un trascinante bis skriabiniano (lo Studio op. 8 n. 2) chiude in bellezza il disco.
Luca Chierici

 

 


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