Donizetti – L’elisir d’amore

Interpreti E. Buratto, V. Grigolo, M. Pertusi, M. Olivieri
Direttore Fabio Luisi
Regia Grischa Asagaroff
Teatro alla Scala
MILANO

Elisir_Pericoli1 MILANO – Dopo i trionfi teleaeroportuali di Malpensa, L’elisir d’amore della Scala è tornato a casa, atterrando al Piermarini nella vecchia produzione di Tullio Pericoli. Purtroppo il piacere di rivedere le sue deliziosissime scene è stato guastato da una pessima regia di Grischa Asagaroff, altra importazione zurighese di Pereira, uno che dell’Elisir ha capito poco e di Donizetti nulla, quindi ne fa il trionfo della leziosaggine. E allora vai di mossette, ballettini, Adina sempre con le mani sui fianchi come nei Goldoni di un secolo fa, gag che non fanno rigorosamente ridere, cretinate varie e via collassando. Insomma, belle scene e idee sceme.
Sul fronte musicale, il sospetto è che le prove per l’aeroporto abbiano tolto tempo e attenzione a quelle per il teatro. Non si spiegano altrimenti le scollature fra buca e palcoscenico, specie se sul podio c’è Fabio Luisi, uno che porterebbe a casa una recita anche se la cantassi io. Per il resto, direzione “giustissima”, di gran mestiere, forse leggermente avara di abbandoni e di rubati e in compenso con troppi tagli di (cattiva) tradizione. Però Luisi ha un merito indiscutibile: è riuscito a fare quel che a Gustavo Dudamel, nell’ultima Bohème, era risultato impossibile: impedire a Vittorio Grigolo di grigoleggiare e insomma obbligarlo a cantare le note del compositore invece di quelle che gli ispirano il suo estro e il suo (pessimo) gusto. Così il tenore bello si è rivelato anche bravo, nella sua miglior prestazione che io ricordi da parecchio tempo: un ottimo Nemorino, attualmente credo senza rivali, e pazienza se imita molto Pavarotti, perché il modello è quello giusto.
Elisir_Pericoli2Dal canto suo, Eleonora Buratto si conferma una Freni giovane (compresa una certa antipatia per le colorature). Però debuttava alla Scala, forse era emozionata, e qualche acuto è risultato un po’ tirato e stridulo. Comunque, se questa ragazza non farà sciocchezze, e soprattutto se non gliele faranno fare, ha davanti un grande futuro. Michele Pertusi è un po’ affievolito, ma la classe e la tecnica sono intatte: è raro che si capisca ogni parola di quel che Dulcamara va sillabando. E poi è stato simpaticissimo quando, contestato alla ribalta finale dai soliti noti, ha mostrato loro la bottiglia di elisir invitandoli a versarsene un po’ nelle orecchie. Quanto a Mattia Olivieri, mi era piaciuto molto di più in Bohème, ma questa è forse solo la prova che Belcore è più difficile di Schaunard. Menzione obbligata per Giannetta Tognocchi, un’eccellente Giannetta.
Alla prima, battibecchi fra le opposte tifoserie (memorabile quello dopo la “Furtiva lagrima”, puro Totò: “Bravo!”. “Brava la claque!”. “No, bravo davvero!”) e dei buuu! distribuiti un po’ a casaccio in mezzo agli applausi. Il solito folklore scaligero, puro color locale a uso degli stranieri di Expo, infatti deliziati.                         Alberto Mattioli


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299 Aprile 2024
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