Boismortier – Don Quichotte chez la Duchesse

interpreti F.N. Geslot, M. Labonnette, C. Benizio, G. Benizio, V. Ancely
direttore Hervé Niquet
orchestra Le Concert Spirituel
regia Corinne e Gilles Benizio
regia video Louise Narboni
formato 16:9
sottotitoli Ing., Fr., Ted.
dvd Alpha-Classics 711
prezzo 29,20

 

Don-Quichotte

Figlio d’un caramellaio lorenese, studi locali di musica, Joseph Bodin de Boismortier a ventiquattro anni ricopre le mansioni di ricevitore del Reale Monopolio dei Tabacchi a Perpignan, dove sposa la figlia d’un orafo facoltoso, continua gli studi musicali col di lei zio, compone diversi pezzi per flauto che, pubblicati, gli valsero una notorietà della quale si serve per sfondare nel mondo aristocratico e musicalissimo di Parigi, dove la sua indole allegra – nonché il suo patrimonio – gli consentono di frequentare la buona società e d’intrattenere rapporti cordiali con Rameau e Mondonville.
Ripescata dal festival di Montpellier (specializzato nell’esplorare con criterio zone incognite del repertorio, francese ma anche non), questa sua opera retta da musica magari non trascendentale ma di sicuro scorrevole e piacevolissima, si rivela un meccanismo teatrale eccellente. Meccanismo scandito da tutta una serie di stratagemmi escogitati da un’indiavolata duchessa per far scordare a Don Chisciotte la sua infatuazione per Dulcinea (si finge preda d’un orrido mostro da uccidere; fa la seduttrice, e fa cilecca; simula d’essere Dulcinea trasformata da magia; compare in guisa di regina del Giappone offrendo scettro e corona al Cavaliere errante, organizza una serie fasulla di incantesimi facendo combattere Chisciotte contro nani e diavoli, e facendogli credere d’essere stato trasformato in orso accanto a Sancho mutato in scimmia): fallito ogni tentativo, l’apoteosi finale conferma la statura morale immacolata dell’eroe. La ricchezza delle situazioni consente dunque un’inesausta girandola di musiche di varia natura, tutte accomunate da un’eleganza e un brio che è fin troppo facile definire come tipicamente francesi: ma tutte imperativamente bisognose, per esplicitarsi davvero, del talento di cantanti-attori dalla dizione perfetta, dalla personalità scenica trascinante, e capaci di ottemperare a richieste vocali nient’affatto semplici in fatto di musicalità, tessitura, virtuosismo. Ci sono. Guidati dal fantasioso estro di Hervé Niquet alla testa d’un eccellente complesso strumentale, il Sancho di Marc Labonnette sfoggia voce ampia, di timbro assai bello e d’una comunicativa formidabile; Emiliano Gonzales Toro, con la sua voce chiara e flessibilissima, plasma un Chisciotte affascinante, apice la splendida e splendidamente interpretata “Que les enfers me déclarent la guerre”; Chantal Santon Jeffery è la più impegnata sul fronte vocale (classiche arie di vendetta con fitta coloratura come l’impervia “C’est assez, ingrat!”, brani intensamente elegiaci come la stupenda “Vole, amour vole” intonata alla giapponese), e si disimpegna con estremo onore. A fianco, i classici ruoli di carattere trovano interpreti di rara perfezione. In perfetta simbiosi con Niquet (che interviene spesso dal podio con commenti e incitamenti da gran commediante, nonché cantando una deliziosa canzonetta e recitando vestito da matador con tanto di castagnette), la coppia registica organizza uno spettacolo privo d’alcun punto morto, provvedendo ai dialoghi perduti con un testo scoppiettante d’ironia, intelligenza, vivacità.
Elvio Giudici

 

 


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