Red Velvet

Musiche di Tanaka Lüttger, Golijov, Vares Cassadò, Andriessen Apreleva
violoncello Maya Fridman
cd trptk TTK0011

Strano oggetto. Il formato annuncia un Dvd, ch’è invece un audio, di qualità notevolissima, registrato nel marzo del 2017 a Utrecht, con tecnologia “wow” (nel senso dello stupore). La veste, anzi il vestito grafico –  un frusciare di velluti rossi su fondo scuro, vagamente sexy -, sembra confezionato da un art-director di “Vanity Fair”. Dunque? Il drink è questo: sette brani per violoncello dichiaratamente ispirati o volonterosamente messi in relazione con testi poetici di diverse lingue e parti del mondo, scelti ed eseguiti da Maya Fridman, strumentista di rispetto, classe 1989, nata a Mosca ma “centrata” ad Amsterdam, formata alla Scuola di musica intitolata a Schnittke e coltivata dalle cure della Fondazione Yuri Bashmet. La stranezza prosegue nella scelta dei pezzi, nel loro discontinuo rapporto con le parole che li affiancano e/o sostengono.
The Song of Songs di Karen Tanaka (Tokyo, 1961) è un prima carezzevole, poi perentorio, poi ancora carezzevole brano con sciabordìo elettronico, che ieri si sarebbe detto New Age, su un estratto dall’Antico Testamento. Danseur de corde è un addolorato assolo che l’autore, César Lüttger (Amsterdam, 1991) suggerisce mosso dai versi (di J.J. Lüttger) che narrano le cure dedicate a una “lei” (donna? volatile?) caduta ferita sul davanzale di una finestra. Omaramor di Oswaldo Golijov (1960), argentino che lavora in America, cita il “suo” tango e Mi Buenos Aires Querido di Carlos Gardel, dio del tango. Red Velvet – titolo del titolo – è il violoncello stirato in mille lingue di armonici che Kaveh Vares (1982), iraniano migrato ad Amsterdam, suggerisce in consonanza con i versi di una preghiera di Mohamed Sghaïer Ouled Ahmed. Il centro dell’album, per estensione, è preso dalla carnosa Suite per violoncello solo di Gaspar Cassadò (1897-1966), che anche il genio Janos Starker amava molto. I pezzi in cui la parola si manifesta per davvero, in dialogo con il violoncello, sono solo due: il curioso La voce di Louis Andriessen, sì, sui versi di Cesare Pavese, che Maya suonando recita con accento slavo fino a sciogliersi in vocalizzi finali, e Silentium, scritto per 3 violoncelli e mezzosoprano da Alisa Apreleva, musicista russa, classe 1982, coinvolta in sperimentazioni di musicoterapia.
Molto onore va alla libera scelta di autori giovani e quasi sconosciuti, mettendo in mazzo tante radici e culture diverse (viene in mente il Kronos Quartet degli anni d’oro). Un certo limite sta nel retrogusto acerbo di diversi brani (Tanaka, Lüttger, Apreleva). Sorprese vengono da Andriessen e Vares. Senza discussioni il pregio dell’ascolto: il violoncello è lì davanti.
Carlo Maria Cella

 

 

 

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299 Aprile 2024
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